L’epoca del job act
Scritto dainfosu 25 Febbraio 2014
In questi giorni è in atto la terza ristrutturazione di governo, sotto l’occhio vigile e complice di Napolitano, per trovare la quadra a una situazione politica che non sembra avere soluzioni, se non quella di ricorrere a: “un uomo solo al comando”: prima Berlusconi, oggi, dopo il fallimento dei “tecnici”, Renzi. Nel frattempo, nel più assordante dei silenzi, si ridefiniscono i piani di politica economica e si preparano i materiali per l’ennesima precarizzazione del lavoro. In questo contesto Gianni Giovannelli, giurista e collaboratore dei Quaderni di San Precario tenta un’analisi della composizione odierna del reddito e dei salari, guardando in senso positivo all’inimicizia sempre più aperta delle classi povere verso il prelievo fiscale, aspetto che informa in maniera crescente la “guerra di classe dall’alto” portata in nome dei debiti sovrani.
Qui sotto un brano tratto dal suo articolo: “Arriva il Job Act. Che fare?”.
“E’ giunto il momento, se davvero vogliamo una via virtuosa verso l’apertura del conflitto e dell’emancipazione, di costruire un punto di vista precario ed una lettura ribelle della questione fiscale. Solo così possiamo affrontare il problema della lotta salariale, dell’opposizione al Job Act.
In fondo torniamo al giovane Karl Marx delle origini (Neue Rheinische Zeitung, n. 232, 27 febbraio 1849) che scriveva sul giornale del movimento, commentando il processo in corso a Colonia contro il comitato renano dei democratici: “il rifiuto del bilancio è quindi un rifiuto delle tasse in forma parlamentare ….. e badate bene signori! In Inghilterra non era stato il parlamento a decidere il rifiuto delle tasse, fu il popolo a proclamarlo e ad attuarlo di propria volontà. Ma l’Inghilterra è il paese storico del costituzionalismo ….ma non fu John Hampden a portare al patibolo Carlo I, fu soltanto la sua ostinazione …di voler reprimere con la forza le rivendicazioni irrecusabili della nuova società nascente. Il rifiuto delle tasse è soltanto un sintomo della scissione fra Stato e popolo, è soltanto una prova che il conflitto fra governo e popolo ha raggiunto un grado alto e minaccioso”.
Maurizio Lazzarato ci ha descritto la condizione del soggetto indebitato e mostra di aver compreso l’uso dello strumento fiscale, in chiave repressiva e di conquista della ricchezza prodotta, nell’ambito dell’attuale fase capitalista. Le manovre all’interno della crisi si caratterizzano sempre più apertamente come prelievo da parte del governo e in danno dei governati, dunque in danno dei precari e dei lavoratori in genere. Eppure le manovre fiscali sfuggono completamente alla struttura di contrattazione collettiva e sindacale; ogni singolo soggetto è solo di fronte ai decreti che lo colpiscono, li subisce fra una campagna elettorale e l’altra”.
Abbiamo commentato queste questioni con l’autore.