Ragionando a margine del vertice NATO
Scritto dainfosu 9 Settembre 2014
Domani – alla vigilia del 13° anniversario dell’11 settembre che segnò l’inizio della «guerra globale al terrorismo» incentrata su Al Qaeda e l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq da parte di coalizioni a guida Usa — il presidente Obama annuncerà, in un solenne discorso alla nazione, il lancio di una nuova offensiva a guida Usa mirante, secondo quanto ha dichiarato domenica in una intervista alla Nbc, ad «affrontare la minaccia proveniente dallo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis)». Pur non inviando ufficialmente forze di terra in Iraq e Siria, il presidente promette la sconfitta definitiva del nuovo Esercito del Terrore.
Il dato più sconvolgente lo troviamo al punto 37 della Dichiarazione finale del recente Summit della Nato a Newport, nel Galles, in cui si afferma che «l’Isis, con la sua recente avanzata in Iraq, è divenuto una minaccia transnazionale». Chi se ne deve fare carico se non i 28 governi Nato (compreso quello di Renzi ovviamente)? Gli architetti del nuovo Asse del Bene non hanno dubbi: «Il regime di Assad ha contribuito all’emergere dell’Isis in Siria e alla sua espansione al di là di questo paese». Si capovolge così la realtà: come già ampiamente documentato, i primi nuclei del futuro Isis si formano quando, per rovesciare Gheddafi in Libia nel 2011, la Nato finanzia e arma gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi (esprimendo ora, nella Dichiarazione del Summit, con singolare faccia tosta, «profonda preoccupazione per le attuali violenze in Libia»).
Senza forzare una lettura eccessivamente lineare che finisce poi col restituirci una regia USA assolutamente padrona della situazione, con uomini chiave piazzati ovunque, bisogna però riconoscere tra i flutti disordinati della storia le forze in campo che giocano una partita più grossa di quella che certi epifenomeni sembrano segnalarci. Sicuramente la Siria e, più ancora in profondità, l’Iran sono obiettivi della politica militare statunitense. Di deduzione in deduzione, non è poi così difficile ravvisare un posizionamento anche nei confronti della Cina, che resta in fin dei conti l’antagonista più pesante per le aspirazioni made in USA .
Ne abbiamo parlato con Manlio Dinucci, che ha studiato punto per punto la lunga Dichiarazione uscita dal vertice Nato di Newport.