Il prezzo del petrolio scende, la tensione sale

Scritto dasu 16 Dicembre 2014

Il petrolio torna a scendere e trascina con sé i mercati europei, appesantiti pure dal passaggio in negativo di Wall Street, inizialmente sostenuta dal balzo della produzione industriale Usa.

Le Borse europee, partite caute, peggiorano nettamente sul finale di seduta fino a bruciare 200 miliardi di capitalizzazione: a Milano, Piazza Affari chiude in perdita del 2,81%, Londra perde l’1,87%, Francoforte il 2,72% e Parigi – che sconta anche il taglio del rating francese da parte dell’agenzia Fitch – lascia sul terreno il 2,52%.

In ginocchio Mosca, che cede il 10% e vede crollare le stime sul Pil 2015: è ora previsto a -4,5 o -4,7% se il barile di petrolio restasse a un prezzo di 60 dollari.

La linea di faglia interpretativa e se tra Usa e Sauditi vi sia sostanziale accordo, più o meno esplicito, oppure se vi sia una spaccatura nel non voler tagliare la produzione, se la funzione sia anche contro lo shale gas americano.

Noi la scorsa settimana abbiamo enfatizzato la funzione anti-russa di questo tipo di manovre e ci pare che tutto ciò che è seguito, dalla rinuncia o dall’annuncio della rinucia a South Stream al crollo del rublo (che ha un’intrinseca ambivalenza), vada ad avallare questa tesi.

Ci rendiamo conto che la decisione dell’Opec mina la competitività dello shale gas ma in un gioco tanto complesso ci pare un effetto collaterale calcolato, oltreché colpire più pesantemente il Canada che gli Usa, come sottolineato dall’economista Andrea Fumagalli che abbiamo raggiunto telefonicamente.

Fumagalli

 

 

 


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