Espulsi i due torinesi arrestati in Turchia

Scritto dasu 26 Maggio 2015

Questa mattina i due attivisti della Carovana per il Rojava, arrestati lo scorso mercoledì, sono stati espulsi dalla Turchia.

Facevano parte della Carovana per il Rojava partita da Torino a metà maggio. Quando sono stati arrestati stavano tornando in Turchia dopo aver consegnato medicinali e soldi raccolti in diversi mesi di iniziative. Le frontiere per il Rojava sono chiuse sia sul confine turco, sia su quello iracheno. La Turchia, che in questi anni ha appoggiato attivamente l’Isis, teme l’espandersi contagioso dell’esperienza femminista, ecologista e libertaria del Rojava. Sul confine iracheno il ruolo di gendarmi è svolto dai peshmerga curdi di Barzani, che a loro volta vogliono impedire il contagio delle pratiche e delle idee del confederalismo democratico nella regione autonoma del Kurdistan iracheno. Sono stati i peshmerga ad impedire ad una parte del gruppo di solidali torinesi di entrare nel cantone di Cezire.

I due attivisti torinesi, dopo cinque giorni di prigionia, sono stati imbarcati questa mattina alle otto a Urfa e dovrebbero arrivare a Milano oggi pomeriggio.

Questa mattina, poco prima dell’imbarco, li abbiamo sentiti per un primo racconto “a caldo”.

Ascolta la diretta:

2015 05 26 turchia

Di seguito la lettera scritta durante la loro detenzione:

“Un saluto a tutti e tutte.

Scriviamo dalla struttura detentiva di Urfa, dove ci troviamo da giovedì, a seguito del nostro fermo la notte precedente durante il rientro in Turchia.

Lo facciamo in primo luogo per rassicurare tutti sulle nostre condizioni: stiamo bene e il morale è alto, e questo lo dobbiamo alla solidarietà e alla vicinanza manifestataci in questi giorni.

Dopo la prima notte, passata tra caserme, perquisizioni ed interrogatori, la situazione è decisamente migliorata, anche se rimane la rabbia e la frustrazione per il prolungamento della nostra detenzione.

Una rabbia ancora più grande la proviamo pensando a quello che vuol dire l’embargo turco ai danni del Rojava: l’impossibilità di ricevere aiuti umanitari e di varcare la frontiera ad eccezione che per i profughi di rientro in Siria.

Abbiamo ancora nelle orecchie le urla e i rumori dei colpi durante il selvaggio pestaggio inflitto dai militari ad un ragazzo curdo fermato insieme a noi.

Questo è solo un episodio che ci racconta quello che quotidianamente vive il popolo del Rojava e quello che rischiano i ragazzi delle campagne di Kobane che permettono il passaggio degli internazionali e non solo attraverso la frontiera.

Ci sentiamo più vicini che mai a questo popolo che per la difesa delle libertà e contro il fascismo dello stato islamico ha dato tutto.

Un popolo che è ancora capace di regalare sorrisi, accoglienza e solidarietà, sempre fiero nell’affermare che quella che sta portando avanti è una lotta per l’umanità e dell’umanità.

E così, da parte nostra non possiamo che affermare di non pentirci di nulla, convinti più che mai dei motivi che ci hanno spinti a partire 10 giorni fa.

Ci auguriamo che la solidarietà verso il popolo curdo si rafforzi e continui e che il mondo si mobiliti per la fine dell’embargo turco.

Con Kobane, Rojava e lo stupendo popolo curdo nel cuore, dovremmo fare ritorno a Malpensa martedì, nel tardo pomeriggio.

Un enorme grazie a tutti coloro che ci sono vicini.

Viva Kobane.

Viva il Rojava libero.

Contro tutte le frontiere.”


Radio Blackout 105.25

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