Grecia. Il tramonto dell’utopia socialdemocratica

Scritto dasu 14 Luglio 2015

Per sei mesi dopo la sua vittoria elettorale del 2015 il governo di Syriza ha negoziato con l’UE. In queste trattative Syriza si è confrontata con l’ostinata e crescente intransigenza dell’UE e delle istituzioni associate (BCE e FMI). Syriza ha molto presto accettato la logica e la struttura del programma della Troika, cioè del Programma di aggiustamento economico per la Grecia noto come Memorandum. Syriza ha semplicemente cercato di modificarlo per renderlo meno brutale (per esempio ritardando l’implementazione della riduzione delle pensioni e mascherando i tagli salariali, riducendo gli obiettivi di surplus primario e rendendo così la politica fiscale meno austera). Syriza ha anche richiesto una facilitazione nel servizio del debito (attraverso forme di ristrutturazione) e un aumento dei fondi per lo sviluppo (attraverso il fantasioso Piano Junker) con lo scopo di far ripartire la moribonda economia greca dopo 6 anni di austerità. Infine ha timidamente chiesto qualche impegno circa una futura riduzione del debito Greco. L’UE, una volta intuito lo spirito conciliatorio di Syriza e dato che l’intera partita si giocava sul suo terreno, ha cominciato a premere per ulteriori concessioni. Quanto più Syriza scivolava verso una capitolazione, tanto più l’UE pretendeva. Alla fine è risultato politicamente impossibile per Syriza accettare tutte le richieste europee, nonostante gli umilianti compromessi e il tradimento sfacciato del suo pur mediocre programma elettorale. Questo ha condotto alla rottura dei negoziati e alla convocazione da parte di Syriza di un referendum sulle richieste della Troika.
Il referendum è stato vinto dal governo e dal fronte del No all’austerity, ma Tsipras è tornato il giorno dopo al tavolo delle trattative con in più le dimissioni di Varoufakis, l’immaginifico ministro delle Finanze che aveva dichiarato che avrebbe preferito farsi tagliare un braccio piuttosto che accettare un accordo stile memorandum con l’ex-Troika.
Al termine di una lunghissima sezione negoziale di 17 ore Tsipras e il suo governo hanno dovuto accettare un accordo ben peggiore di quello proposto al voto domenica 5 Luglio. Il controllo della troika sulle finanze greche, licenziamenti di massa, innalzamento dell’età pensionistica, abbattimento del welfare e della legge sul salario minimo, senza contare il fondo alimentato dalle privatizzazioni gestite dall’UE e sotto il controllo dei funzionari BCE che dovrà servire da garanzia e da ostaggio per garantire il pagamento del debito.
Una sconfitta completa per Tsipras che ha spaccato il suo partito, ha dovuto accettare un vero e proprio protettorato da parte di Berlino e Bruxelles, e non ha neanche alcuna sicurezza che, alla prossima occasione, il ministro tedesco delle finanze Schauble non riesca ad ottenere la cacciata della Grecia dall’area euro e dall’UE.
Un disastro complessivo cui fanno da contraltare le dichiarazioni di Varoufakis che attacca Tsipras e si propone come punto di riferimento per un governo che attui il piano B, ossia la temuta ed evocata Grexit.
Ma, quali sono le ragioni che hanno portato il governo Syriza in questo vicolo cieco? Perchè la troika ha insistito per un’umiliazione ad ogni costo del piccolo paese mediterraneo il cui PIL arriva a mala pena a coprire il 2% di quello europeo?
Ne abbiamo parlato con Andrea Fumagalli, docente universitario e redattore della rivista Euronomade

Ascolta la diretta:

grecia fumagalli


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