Parigi: spigolature, impressioni, analisi
Scritto dainfosu 18 Novembre 2015
Quest’oggi l’intera mattinata informativa è stata occupata dagli attentati di Parigi. Dalle loro conseguenze sul piano interno, francese. Dalle conseguenze sull’Europa, sul contesto siriano e più in generale mediorientale. Abbiamo cercato di ragionare su diversi piani, dividendo il fenomeno Daesh o Isis, strettamente detto, dal fenomeno di reclutamento che lo jihadismo internazionale è capace di mettere in moto tanto tra i poveri delle banlieus parigine, dove la questione sociale è ormai ampiamente razializzata, quanto tra le masse povere del medioriente e più in generale del sud del mondo islamizzato (pensiamo in particolare all’Africa, al sud-est asiatico, all’India e al Pakistan. Abbiamo già visto che l’egemonia di Al Quaeda è stata messa in discussione da Isis così come Isis potrà a sua volta essere soppiantato in futuro. Anche in relazione alle mosse e agli opportunismi occidentali ma non solo.
Capire qual è la posta in gioco è fondamentale. Perché il messaggio di chi ha colpito Parigi è chiaro: niente è più senza conseguenze. Gli schizzi di sangue delle nuove imprese coloniali dell’occidente tornano indietro immediatamente, cioè senza mediazioni, e per mano di cittadini europei, figli di immigrati che portano sulle spalle il peso di un riscatto impossibile in un contesto sempre più escludente, dove il rapporto tra centro e periferia non è solo più un rapporto di subordinazione ma scivola nel concetto di guerra.
I fatti di Parigi scuotono perché la strategia di chi spara nel mucchio è annichilente ma anche perché è un’iniezione di realtà pompata direttamente nel cuore dell’opinione pubblica occidentale.
Abbiamo iniziato con il raccogliere le impressioni di tre compagne che quella notte si trovavano a Parigi. Sentierete nell’ordine le voci di Virginia, Carlotta e Cecilia
Poco inclini a credere alla narrazione dell’Isis come fenomeno sostanzialmente imprigionato in un arcaismo oscurantista abbiamo cercato di metterne in luce la modernità e gli elementi di avanguardia. Perché se è vero che abbiamo a che fare con un gruppo dirigente impantanato addirittura in guerre di tipo confessionale, è altrettanto vero che siamo di fronte a qualcosa di estremamente moderno e mutevole. Un gruppo capace di tatticismi spregiudicatissimi e soprattutto di un livello di comunicazione estremamente professionale ed efficace. Proprio di quest’ultimo aspetto abbiamo parlato con Silvano Cacciari, docente di Etica della Comunicazione
Con Raffaele Scortino, spesso nostro corrispondente, abbiamo cercato di mettere in evidenza due aspetti rimasti sotto traccia nella canea di commenti che monta dopo simili eventi. In primis la possibilità che un simile attacco esprima più un momento di difficoltà del Califfato che non una reale forza e capacità di incidere. Quasi manifesti un certo ritardo. Uno scarto prodotto largamente dall’intervento russo in Siria che ha ridisegnato gli equilibri su quello scacchiere. Ma capace anche di rimescolare gli equilibri europei. Forzando scelte politiche e strade sinora solo abbozzate o addirittura interrotte per non dispiacere al grande alleato atlantico che in un gioco di eterni ritorno è stato fino a poco tempo fa il principale sponsor e padrino di Daesh