Venaus 10 anni dopo. Ancora in marcia

Scritto dasu 8 Dicembre 2015

Era la notte tra il cinque e il sei dicembre 2005, una fredda notte di un inverno che si annunciava gelido. Il sonno venne rotto da migliaia di telefonate ed sms che avvertivano che il presidio di Venaus era stato attaccato dalla polizia. In pochi minuti, tra le migliaia di attivisti No Tav, circolò la notizia che poche ore dopo sarebbe rimbalzata sui maggiori organi di informazione: la gente pestata a sangue, le tende e la baracca della pro loco demolita, un anziano in gravi condizioni.

La lunga resistenza dei No Tav culminata nella settimana di barricate a Venaus arrivava ad una svolta: il governo aveva deciso l’azione di forza per sgomberare chi, nella neve, circondava l’area dell’ex cantiere Sitaf ed occupava i terreni destinati ad esproprio per la costruzione del tunnel geognostico di 10 km. Il tunnel era un atto di guerra ad una popolazione che da oltre 15 anni si batteva contro un’opera inutile, costosissima, devastante per l’ambiente e il territorio.
Quella notte dormirono in pochi: allacciati gli scarponi si misero in mezzo a strade e autostrade, bloccarono treni, scioperarono dal lavoro, affrontando la polizia che si muoveva come truppa di occupazione lungo tutta la bassa Val Susa.
Due giorni dopo una grande marcia popolare partì da Susa alla volta di Venaus: la polizia distribuì un po’ di manganellate al bivio dei Passeggeri, da dove si dipana la provinciale che porta al paesino della Val Cenischia, ma nessuno si fermò. Lungo i sentieri impervi e ghiacciati, dopo aver superato il blocco, si aggirò la polizia e si scese al cantiere. La rete arancio venne giù, la polizia sparò lacrimogeni che il vento disperse, poi, con la coda tra le gambe andarono via.
La parola tornò alla politica, la prosecuzione, con mezzi più subdoli, della guerra.
Erano in gioco interessi enormi: da lì a poco sarebbe partito il baraccone olimpico e gli sponsor non pagano uno spettacolo con barricate e blocchi. Il governo fece marcia indietro e misi su un tavolo di trattativa con i sindaci.
Migliaia e migliaia di persone in quei giorni appresero il gusto di decidere in prima persona, di praticare la politica al basso, elidendo le mediazioni istituzionali.

Dieci anni dopo quel dicembre il movimento No Tav è ancora in lotta contro l’imposizione della nuova linea ad alta velocità. Una lotta durissima, segnata da arresti, processi, condanne, botte e lacrimogeni. Una lotta popolare segnata dalla forza di chi sa che il proprio futuro non si delega, che, oggi come allora solo l’azione diretta, senza deleghe, senza passi indietro, può creare le condizioni per fermare ancora una volta la corsa folle, di chi antepone il profitto alla vita e alla libertà di tutti.

L’8 dicembre i No Tav faranno una grande marcia popolare da Susa a Venaus.

L’appuntamento è alle 10 dal piazzale del cimitero a Susa, sulla statale 24.

Ascolta la diretta con Alberto Perino:

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