Bra. Presidio No REMS
Scritto dainfosu 2 Febbraio 2016
Sabato 30 gennaio. Decine di attivisti di Torino e di Bra Hanno partecipato all’iniziativa contro l’unica REMS del Piemonte, ospitata presso la Clinica San Michele. In queste galere manicomiali finiscono le persone che escono dai sei OPG italiani in fase di lenta chiusura da un anno.
Chi finiva negli OPG, oggi REMS? Persone nei cui confronti giudici e psichiatri concorrono a formulare una sentenza che li dichiara incapaci di intendere e volere al momento di commettere un’azione definita reato dal codice penale. Secondo gli psichiatri che eseguono le perizie non sanno capire e decidere autonomamente e quindi per i giudici non sono punibili. Non vanno in carcere ma vengono comunque rinchiusi perché giudicati incapaci di intendere e volere.
Oggi i “nuovi” posti dove vengono imprigionati i “rei folli” si chiamano REMS. In altre epoche le chiamavano “gabbie dei matti”, posti dove venivano seppelliti vivi uomini e donne che erano considerati “senza ragione.
Sono cambiati i nomi ma la sostanza resta.
Le REMS sono posti dove ti legano e ti drogano per farti tornare “normale”. Per lo Stato italiano chi non è normale è pericoloso, non per quello che fa ma per quello che è. Con questo argomento il terzo Reich giustificava lo sterminio dei folli e di tutti gli altri “fuori norma”.
Dopo il presidio in centro a Bra gli attivisti del collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni” e i solidali di Bra e Torino sono andati alla REMS per un saluto ai reclusi.
È stato piazzato lo striscione “Mai più manicomi – No REMS né qui nè altrove”, accesi lacrimogeni e intonato slogan.
Da ieri sa che, al di là dei muri e dei pregiudizi, c’è qualcuno che vorrebbe frantumarli entrambi.
Ne abbiamo parlato con Dario del Collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni” di Torino.
Ascolta la diretta:
Di seguito il testo del volantino distribuito a BRA
Mai più manicomi! No alle Rems né qui né altrove
A Bra, da qualche mese, c’è una nuova prigione. Si chiama REMS. In altre epoche le chiamavano “gabbie dei matti”, i posti dove si seppellivano vivi uomini e donne che avevano “perso la ragione”, che “non sapevano
quello che facevano”. Oggi i nomi sono cambiati ma la sostanza resta.
Le REMS sono posti dove ti chiudono,ti drogano e ti legano per farti
tornare “normale”. Per lo Stato italiano chi non è “normale” è
pericoloso. Al di là di quello che fa, ma per quello che è. Con questi
argomenti il terzo Reich giustificava lo sterminio dei folli. E di tutti
gli altri fuori norma.
Proviamo a capire di che si tratta.
La legge n. 81 del 2014 ha sancito la chiusura degli OPG (Ospedali
psichiatrici giudiziari) avvenuta solo formalmente il 31 marzo 2015 e il
loro superamento nelle REMS (Residenze Esecuzione delle Misure di
Sicurezza). Gli OPG sono stati per oltre 35 anni luoghi di segregazione
per tutti gli individui ritenuti pericolosi per la società, dimenticati
in queste discariche sociali in condizioni di disumano degrado come ben
mostrato nelle immagini dell’Inchiesta del Senato “Marino” del 2010 che
ha poi portato all’iter legislativo per la loro chiusura.
Oggi i 6 OPG (Castiglione delle Stiviere, Reggio Emilia, Montelupo
fiorentino, Napoli, Aversa e Barcellona Pozzo di Gotto) sono in via di
chiusura: gli internati non dimissibili dovrebbero essere spostati nelle
REMS della regione di provenienza. Ma questo sta accadendo molto
lentamente.
Nella pratica le REMS sono dei miniOPG (max 20 posti) presenti in ogni
regione e affidati a personale sanitario, più simili a residenze
psichiatriche che non agli ospedali-carceri del passato. Queste
strutture saranno gestite tramite un sistema di appalti di cui non è
difficile immaginare le sorti… al ribasso, cercando di spendere il meno
possibile sulla pelle dei “criminali-malati mentali” che subiranno
questo sistema tipico della sanità pubblica, dell’accoglienza per i
richiedenti asilo (CARA, CAS, SPRAR) e del sistema detentivo (CIE,
Carceri).
Le REMS vengono presentate come un passo avanti in termini di civiltà
rispetto agli OPG perché nuovi e perché non più gestiti dall’autorità
giudiziaria ma solo da personale sanitario. Nella realtà questi luoghi
assolvono la stessa funzione dei loro predecessori e anzi lo fanno in
maniera molto più capillare, perché presenti su tutto il territorio
nazionale, e molto più discreta e subdola, perché di piccole dimensioni
e molto più simili a residenze che a carceri.
Ma qual è la loro funzione? La funzione delle REMS coincide con la
funzione della Psichiatria Giudiziaria più in generale, ovvero quella di
mantenere in vita nella nostra società e nell’ordinamento giudiziario la
figura del “folle reo” ovvero di colui che infrange la legge non per
propria libera scelta ma perché malato di mente, quindi non capace di
intendere e di volere (le proprie azioni e le loro conseguenze), come se
la sua malattia agisse al posto del suo libero arbitrio. Tale
focalizzazione sul soggetto che compie il reato più che sul reato stesso
(infatti nelle REMS si può finire tanto per il furto di un portafoglio
quanto per omicidio) ha una diretta discendenza dal positivismo
ottocentesco che ha portato ad affermarsi il concetto di “pericolosità
sociale”, tutt’ora operante e alla base di queste moderne istituzioni
psichiatrico-giudiziarie, come di tanti altri luoghi e procedure: lager
nazisti, CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), campi rom,
misure di sorveglianza speciale…
Da questi esempi è facile capire come l’etichetta di “pericoloso
socialmente” venga affibbiata agli individui più per il loro status
(folle, ebreo, omosessuale, rom, handicappato, immigrato irregolare,
oppositore politico e sociale) che per le loro azioni concrete. In
particolare chi finisce nelle REMS non sconta un periodo di detenzione
con intenti punitivi come nella carcerazione ordinaria, ma viene recluso
per disinnescarne la pericolosità, riportando nella norma i suoi
comportamenti deviati.
I metodi usati per raggiungere questo scopo sono gli stessi utilizzati
dalla psichiatria nei reparti ospedalieri (SPDC) e nelle cliniche e case
di cura psichiatriche. L’unica reale differenza è che nelle REMS è più
difficile monitorare e raccontare quello che accade, perché sono
strutture detentive dove l’accesso di esterni e l’uscita di informazioni
è ancora più difficile rispetto ad ospedali e cliniche civili. Lo
strumento principe delle prigioni psichiatriche è la psicofarmacologia
che permette un controllo quasi totale sui movimenti e sui comportamenti
di chi vi è sottoposto attraverso l’assunzione orale o l’iniezione di
molecole psicoattive in grado di agire sui neurotrasmettitori inibendo o
alterando il loro funzionamento. Queste sostanze danno un fortissima
dipendenza e causano danni enormi all’organismo di chi li assume già
dopo pochi mesi, rovinando l’esistenza e la salute di chi è obbligato a
prenderli, riducendone l’aspettativa di vita. Altri strumenti ancora in
uso nei reparti come nelle REMS sono la contenzione fisica tramite lacci
che assicurano il “malato” al letto per molte ore se non per giorni e
giorni e l’elettroshock, terribile pratica psichiatrica che viene
tutt’ora utilizzata in diverse strutture pubbliche e private.
In molte regioni le REMS sono state da poco aperte e cominciano a
operare, ad oggi la Regione Piemonte, ente preposto alla loro apertura e
gestione non ha ancora aperto nessuna struttura ma si sta limitando ad
affittare dei posti nell’ex OPG trasformato in REMS di Castiglione delle
Stiviere ed a utilizzare provvisoriamente la clinica San Michele di Bra.
Questo posto è stato svuotato negli scorsi mesi per far posto ai
detenuti piemontesi in arrivo dall’OPG di Castiglione delle Stiviere. La
Regione Piemonte da ormai un anno sta prendendo tempo e non sembra
ancora aver trovato soluzioni definitive per collocare le sue due REMS.
Questo è il momento migliore per contestare e contrastare l’apertura di
queste strutture ma soprattutto la legge e il sistema sociale che le
prevedono e che non possono farne a meno.
Siamo tutti pericolosi socialmente se questa è la società in cui ci
obbligano a vivere! Contro tutte le REMS e tutte le carceri, solidarietà
a chi lotta contro la psichiatria, solidarietà a chi tenta di evadere…
Collettivo Antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni” di Torino
Le riunioni del Collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni”
si tengono presso la federazione anarchica torinese ogni martedì alle 21
in corso Palermo 46
telefono antipsichiatrico: 345 61 94 300
Per contatti: antipsichiatriatorino@inventati.org