Un’Italia da guerra: mortalità +11%
Scritto dainfosu 10 Febbraio 2016
La mortalità in Italia è aumentata dell’11% nei primi 8 mesi del 2015. L’Istat ovviamente esorta a alla cautela nell’interpretazione di questo dato: almeno fino a quando non sarà disponibile la loro distribuzione per età, sesso, causa di morte e territori. Fino ad allora infatti tutte le ipotesi sono possibili. L’Istituto di statistica stesso ipotizza che si tratti di un dato cosiddetto “di rimbalzo” rispetto ai due anni precedenti di contrazione (anche solo una oscillazione prevista sul dato cumulativo riferito a molti anni) o possa essere attribuito ai ciclici aumenti della extramortalità (mortalità eccedente rispetto alla media) in concomitanza di temperature molto alte o molto basse o, ancora, alla riduzione delle coperture vaccinali (a seguito dell’allarme per reazioni avverse al vaccino anti-influenza).
In realtà possiamo sin da ora affermare che in assenza di gravi epidemie o eventi bellici un aumento di mortalità dell’11% è un dato preoccupante.
Occorre dunque domandarsi a chi è toccata in sorte una mortalità potenzialmente evitabile? Evitabile perché evitata negli anni precedenti, causata da fattori sopraggiunti repentinamente, in un contesto risultato vulnerabile. E per quali motivi?
In molti hanno ipotizzato che questa possa essere il risultato di una diminuita (per ragioni economiche) possibilità di accesso alle cure. E’ d’altronde dato di poche settimane fa che 4,2 milioni di italiani rinunciano a curarsi a causa degli alti costi, delle lunghe lista di attesa e dell’eccessiva distanza dai servizi.
Le reazioni a questi dati sono state abbastanza disordinate ma “in realtà una regia comunicativa da parte del governo, anche nel campo della salute, esiste eccome: è quella di nascondere le “cattive” notizie e enfatizzare quelle “buone”. Ciò che conta è la narrazione happy news (un tempo detta propaganda), secondo cui il nostro è uno dei sistemi sanitari migliori al mondo. Lo ripetono ad ogni occasione ministri, governatori, onorevoli – e ahimè anche molti giornalisti – che non conoscono, o fanno finta di ignorare, l’unica classifica dei sistemi sanitari secondo autorevoli esperti degna di citazione: l’Euro Health Consumer Index. Secondo questa fonte, l’Italia insieme a pochissimi altri Paesi perde punti nella classifica: nel giro di pochi anni, su 37 Paesi analizzati, l’Italia è scesa dal 15° posto al 21° (scavalcata anche da Estonia, Slovenia e Slovacchia)”.
Il virgolettato è di un professore universitario di Firenze, autore di un ottimo articolo, con cui abbiamo provato a fare qualche ragionamento in questo senso
Senza pretese di completezza ma come ulteriore contributo al dibattito alleghiamo anche l’articolo di una brava ricercatrice che ritiene giustamente che il dato non si possa interpretare schiacciandolo semplicemente sulle pur evidenti carenze del nostro sistema sanitario ma, come anche abbozzato dal prof. Maciocco, vada visto alla luce di un’analisi più complessiva del deterioramento delle condizioni socioeconomiche e ambientali nel nostro Paese.