Lo sfruttamento lavorativo degli immigrati nei percorsi dell’accoglienza

Scritto dasu 18 Marzo 2016

Dalla richiesta di Alfano di applicare la circolare che prevede la possibilità per i Comuni di utilizzare rifugiati e richiedenti asilo per lavori socialmente utili a costo zero allo sfruttamento lavorativo degli immigrati nei campi dell’agroalimentare in Puglia, una panoramica sulla gestione e organizzazione dei flussi migratori attraverso la lente dello sfruttamento economico e lavorativo. Un vero e proprio sistema di smistamento e catalogazione degli immigrati che, a secondo dello status giuridico affibbiato, prevede percorsi di sfruttamento lavorativo diversi. Per i cosiddetti migranti economici la mancanza di documenti e l’impossibilità di ottenerli se non attraverso un’assunzione regolare creano le condizioni per alimentare quell’ esercito di irregolari immessi nel mercato della manovalanza a basso costo. Diverso il destino per chi è invece approdato nel circuito della cosiddetta seconda accoglienza dove lo sfruttamento lavorativo è inserito negli stessi progetti di integrazione o si affianca ad esso come risarcimento alla collettività per ammortizzare i costi dell’accoglienza stessa. A questo proposito anche il Comune di Torino segue l’esempio di altre città italiane e settimana scorsa ha firmato un accordo con Amiat per mettere a lavoro gratuito e volontario i richiedenti asilo e i rifugiati accolti negli Sprar e negli altri centri del circuito della seconda accoglienza.

Lavoro gratuito e volontario che secondo gli auspici del Ministro del Lavoro Poletti dovrebbe coinvolgere anche chi, con tutti i diritti di cittadinanza, si trova però in condizioni economiche svantaggiose e percepisce per questo una qualche forma di sostegno al reddito.

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