194: quando l’illegalità non ci piace
Scritto dainfosu 12 Maggio 2016
Ancora una volta torniamo sulla legge che in Italia dovrebbe garantire l’accesso all’interruzione di gravidanza. Abbiamo trattato diffusamente il tema, un paio di settimane fa, in occasione dell’accoglimento da parte della corte di Strasburgo del ricorso della CGIL e di altre associazioni. Per cui diamo per scontato che tutti conoscano la grave situazione in cui versa il Paese dove le percentuali di obiettori toccano punte quasi del 94% con una media nazionale che si attesta attorno al 70%. Vogliamo invece ragionare su un altro livello che la volta scorsa è emerso forse con meno forza è chiarezza: come si è arrivati a queste percentuali? Sotto il profilo della capacità di lobby che segmenti antiabortisti della vostra professione hanno fatto a partire dalle università; sotto il profilo dei meccanismi materiali che hanno fatto della pratica abortiva qualcosa che è vissuto professionalmente come un peso e un intralcio a sbocchi migliori dal punto di vista della carriera; sotto il profilo del cambiamento culturale che ha portato negli anni a considerare questa pratica con sospetto e una certa distanza anziché considerarla un sacrosanto diritto delle donne.
Ne abbiamo parlato con Luisa Canitano ginecologa impegnata per i diritti della donne nell’ambito della salute con l’associazione Vita di Donna che nelle scorse settimane è stata certo tra le commentatrici più lucide della posizione presa a Strasburgo dalla corte e delle risposte vergognose e insensate della ministra Lorenzin.