Egitto: tra repressione e sequestri di beni di prima necessità

Scritto dasu 28 Ottobre 2016

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La crisi egiziana continua ad acuirsi e a farne le spese è come sempre la popolazione. Dopo il video diventato subito virale dell’autista di tuk-tuk Mustafà, che accusava il governo di al Sisi di star rovinando il Paese, nuove, timide proteste si stanno diffondendo, per il momento solo in maniera spontanea anche a causa dei controlli capillari dei servizi segreti che inibiscono le persone nel scendere in strada.

La verità è che a 3 anni dal golpe, il generale Sisi è stato efficace soltanto nella repressione poliziesca, mentre l’economia sta precipitando in condizioni disastrose. I prezzi sono alle stelle, la disoccupazione aumenta, e per concedere un prestito di 13 miliardi di dollari il Fondo monetario internazionale  chiede di interrompere i sussidi ai beni di prima necessità.

In questo contesto si inserisce pure il sequestro di tonnellate di zucchero dai depositi dei distributori alimentari e dalle fabbriche dolciarie disposto dal regime qualche giorno fa per far fronte all’impossibilità di acquistare velocemente sui mercati mondiali i quantitativi necessari al fabbisogno del Paese.

Una situazione instabile che alimenta un malcontento generale e che potrebbe sfociare in proteste tanto massicce e inarrestabili da mettere seriamente in crisi il regime di al Sisi, così come nel 2011 le rivolte della popolazione sono riuscite a rovesciare il governo di Mubarak.

Ne abbiamo parlato con Chiara Cruciati, articolista del Manifesto.

Ascolta l’intervista:

 

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