Algeria. Una democrazia imbalsamata

Scritto dasu 13 Dicembre 2016

ghardaia-770x375Le agenzie stampa occidentali hanno diffuso la notizia della morte in carcere di un giornalista anglo-algerino, in sciopero della fame da diversi mesi. La versione ufficiale sulla sua morte parla di infezione polmonare. L’organizzazione Reporter senza frontiere ha chiesto l’apertura di un’inchiesta.

La vicenda, presentata come ennesimo caso di repressione della libertà di parola, ha contorni decisamente diversi.

Mohamed Tamalt, il blogger morto in galera a 42 anni, era un attivista islamista radicale. Non è finito nei guai con la magistratura algerina per i suoi articoli, ma per aver pubblicato su facebook violenti attacchi, anche personali, nei confronti di esponenti dell’entourage del presidente Abdelaziz Bouteflika, che probabilmente gliel’hanno giurata. Corrotti e potenti non hanno tollerato critiche feroci rivolte anche ai propri familiari.
Il fratello di Tamalt, l’ultimo a vederlo vivo qualche mese fa, segnalava ferite alla testa del blogger islamista.
È quindi probabile che sia morto per i maltrattamenti subiti in carcere.
Tamalt faceva parte di una formazione, per fortuna ancora minoritaria, che mescola religione e nazionalismo, lontana quindi dalle internazionali islamiste come Al Queda o Isis o la Fratellanza musulmana, ma non meno pericolosa per la libertà di uomini e donne in Algeria. Un paese dove, vent’anni dopo la guerra civile, nessuno ha pagato per le atrocità commesse sia dall’esercito che dai tagliagole islamici. L’islam radicale è stato sconfitto militarmente, ma è riuscito a modellare il costume specie nelle campagne e nelle regioni più povere. Nelle grandi città l’islamizzazione della società non è riuscita.

Sul piano sociale le conquiste dei lavoratori algerini sono state fatte a pezzi negli ultimi vent’anni.

La situazione politica è in stallo. Il presidente Bouteflika, pur malato ed anziano, si appresta a correre per il suo quarto mandato. La politica istituzionale algerina sembra mummificata come il presidente, debole ma inamovibile, perché il suo clan e il blocco di potere a lui collegato non riesce ad esprimere una personalità altrettanto carismatica.

Ne abbiamo parlato con Karim Metref, blogger, insegnante di origine kabila.

Ascolta la diretta:

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