Clima di terrore, paralisi e confusione nella Turchia di Erdogan
Scritto dainfosu 3 Gennaio 2017
La notte di Capodanno ad Istanbul è stata teatro di una strage realizzata a colpi d’arma da fuoco all’interno di un locale notturno, il Club Reina. Lo Stato Islamico ha rivendicato sull’agenzia Amaq il sanguinoso attentato che ha causato l’uccisione di 39 persone e il ferimento di un’altra 70ina, in gran parte turisti. L’uomo sospettato di aver materialmente eseguito l’atto sarebbe un 25enne dello Xinjiang di etnia uigura le cui foto sono state largamente diffuse, ed è attualmente in fuga. L’area dove è avvenuto il fatto è Ortakoy, una zona non troppo lontana dallo stadio della squadra di calcio del Beşiktaş, vicino al quale lo scorso 10 dicembre sono esplose due bombe che hanno causato un gran numero di morti e feriti.
Le reazioni del governo turco, insieme ad alcuni altri partiti dell’opposizione in parlamento (CHP e MHP), hanno definito l’ultima strage un attentato contro l’unità nazionale. Ancora una volta è scattata un’operazione repressiva, che ieri ha investito alcuni membri del gruppo di sinistra Halkevleri, del Partito Socialista degli Oppressi e del suo gruppo giovanile, la Federazione dei Giovani Socialisti, arrestati durante la commemorazione della strage al Reina.
In Turchia vige lo stato di emergenza da più di 6 mesi. In questo periodo si sono moltiplicati i provvedimenti contro il dissenso politico e sociale. Numerose organizzazioni, associazioni e fondazioni non governative o universitarie sono state chiuse. Oltre 200 giornalisti sono finiti in carcere, più di 25 municipalità nel Sud-Est della Turchia, l’area curdofona del paese, dopo la destituzione dei sindaci sono passate sotto il controllo di commissari straordinari, molti parlamentari dell’HDP e di altri partiti solo stati arrestati.
La situazione è drammatica ma potrebbe aggravarsi ancora. I gruppi jhaidisti, che per anni hanno goduto della protezione e dell’appoggio del governo turco, che ha permesso loro di attraversare il territorio, di rifornirsi di armi, di curare i propri feriti e di commerciare il petrolio, potrebbero moltiplicare gli attacchi in territorio turco, mettendo in difficoltà il governo. Il governo turco potrebbe puntare su un’ulteriore militarizzazione, moltiplicando i dispositivi di sicurezza, legittimando le peggiori barbarie ai danni della popolazione civile.
Il paese sta cominciando a pagare lo scotto della guerra civile e del moltiplicarsi degli attentati con una drastica riduzione degli introiti del turismo e con Pil, che, perla prima volta da due decenni ha il segno meno.
Gli ultimi avvenimenti si inseriscono in uno scenario “culturale” mutato, per la crescente influenza dell’islamismo radicale. Le componenti più conservatrici e reazionarie del Paese hanno puntato l’indice contro natale e capodanno, feste estranee alla cultura musulmana.
Ne abbiamo parlato con Murat Cinar, blogger, giornalista e video-attivista di origine turca, che in questi giorni si trova proprio in Turchia.
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