Sul referendum per l’indipendenza della Catalogna

Scritto dasu 15 Settembre 2017

Il 1 ottobre in Catalogna si voterà per l’indipendenza della regione dal governo centrale di Madrid. Il referendum è stato indetto dai partiti indipendentisti e ha acceso l’ira di Madrid che giorno dopo giorno sta costruendo la strategia repressiva per non farlo svolgere: prima negando la costituzionalità del referendum, poi mettendo i sindaci disponibili a ospitarlo sotto inchiesta e infine allestendo l’apparato militare che dovrebbe impedirlo, inviando uomini della Guardia Civil in Catalogna e ordinando ai Mossos d’Esquadra, polizia catalana ma con compiti giudiziari per conto di Madrid, di sequestrare le urne e vigilare i luoghi dove si dovrebbe votare. Una precisazione per meglio comprendere il quadro teso che si sta delineando in Catalogna: i Mossos d’Esquadra appoggiano il referendum per cui i compiti che il governo centrale ha chiesto loro di svolgere paiono quanto meno messi in discussione. È quindi ancora difficile capire ciò che potrebbe accadere il 1 di ottobre, se il muro contro muro istituzionale non dovesse smorzarsi. La questione del referendum non si risolve però solo a livello politico né con una lettura che vede negli interessi economici le regioni per volere l’indipendenza. E infatti c’è una forte mobilitazione dal basso che sostiene questo referendum e che ha motivazioni e argomenti ben diversi da quelli dei partiti promotori. Argomenti che hanno avuto una loro espressione l’11 settembre durante la marcia per la celebrazione della Diada, la grande manifestazione per l’indipendenza della Catalogna, quando centinaia di migliaia di persone sono scese in strada a Barcellona a sostegno del referendum.

Per fare il punto della situazione in Catalogna abbiamo chiamato Kumina, redattore di Radio Blackout che si trova da quelle parti.

 

Ascolta la diretta:

 

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