Sullo schiavismo in Mauritania

Scritto dasu 9 Aprile 2018

Tre condanne esemplari contro persone accusate di essere gli schiavisti di alcune famiglie, hanno riportato l’attenzione sulla questione della schiavitù in Mauritania. L’ex colonia francese è stato l’ultimo Paese ad averla abolita nel 1981, ma solo sulla carta. In seguito è stata abolita nuovamente il 12 agosto 2015 e la nuova legge considera ora la schiavitù come un reato contro l’umanità. Peccato che l’1% della popolazione sia ad oggi ancora ridotta in schiavitù e spesso siano invece i militanti antischiavisti a finire in galera.

La società mauritana è ancora suddivisa in caste. I “mauri” bianchi, di origini arabe-berbere, costituiscono la classe dominante, mentre gli haratines e gli afro-mauritani appartengono alla “classe inferiore” e non hanno quasi mai potuto occupare posti di prestigio nella società. Difficilmente riescono ad avere accesso ai servizi essenziali dello Stato, come scuole o servizio sanitario nazionale, e sono le prime vittime della schiavitù, anche se abolita. Le autorità continuano a chiudere spesso entrambi gli occhi di fronte a queste pratiche e negano che lo schiavismo esista nei territori della Mauritania.

Ma la questione più grave è che spesso gli odierni schiavi non hanno mai vissuto da uomini e donne libere, così sono pochi quelli che pensano di poter cambiare la propria condizione. Tra gli uomini c’è chi, una volta cresciuto, tenta la fuga, mentre le donne, non avendo altri mezzi per sostentarsi, spesso restano con gli schiavisti tutta la vita, sopratutto se legate a loro da matrimonio coatto, una delle più frequenti forme di schiavitù praticata.

Ne abbiamo parlato con Cornelia I. Toelgyes redattrice di diversi articoli sul tema pubblicati su Africa-Express.

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SchiavitùinMauritania

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