Lo sberleffo di Banksy stavolta ha toppato…

Scritto dasu 13 Ottobre 2018

… perché la performance è stata cooptata dal mercato e quell’opera è stata sussunta dal sistema di eventi e di aste: gli operatori – siano essi autori o intermediari – sono gli unici tenutari dell’oggetto Arte, che si compie nel momento in cui si autodistrugge, tradendo il gesto finale dell’autore… forse.

Se persino le provocazioni più premeditate, studiando nei dettagli il momento e il luogo in cui “ghigliottinare” l’oggetto che prima era stato intuizione, scelta di attrezzi e materiali, gesto e infine opera da osservare – e poi era diventato semplicemente merce –, si ritorcono contro chi cerca di riappropriarsene in modo autoriale conferendogli una nuova destinazione d’uso, allora non si riesce davvero a immaginare quale ruolo possa ancora avere il ritratto dell’artista da scippato.

Sarà per ingenuità, o forse per premeditazione, ma uno come Banksy doveva immaginare che il banditore d’asta in primis, il parterre degli astanti e soprattutto il compratore avrebbero colto l’occasione di mettere sull’altare (della valutazione) l’unicità del pezzo, quello e non un altro della serie, connaturata al “merchandising” di Banksy. E di conseguenza quell’unico frutto della performance premeditata sarebbe diventata impagabile. O forse è un nuovo segnale che l’artista (di Bristol? un componente dei Massive Attack?) ha voluto lanciare: non ci si sottrae alle regole del mercato, tanto vale cercare di stupire e fingere di fare un brutto scherzo al mercato dell’arte nel momento in cui ai mercati come Porta Palazzo viene alienata la funzione secolare di vendere prodotti edibili, trasformandola in food-street per fighetti in cerca di emozioni artificiali; proprio come la street-art è stata museificata prima e ridotta a strumento per investimenti derivanti da eventi. Il fulcro è sempre lì, nell’evento.

Come ci dice Franco Fanelli, incisore, maestro e redattore del Giornale dell’Arte, non esiste più il sistema precedente di appassionati galleristi, esperti intuitivi, colti intellettuali, emozionati accompagnatori di artisti… solo bocconiani digiuni di qualunque suggestione artistica, figuriamoci che preparazione possono avere. Ma il suo intervento come sempre è in punta di ironia e nel tritatela entrano i tagli di Fontana, Carl Andre, Cattelan… Burri: tutti sottomessi al rito dell’autenticazione, l’altare del mondo dell’evento artistico su cui s’immola la manualità, “reale” autenticazione.

Da Banksy trituratore alla ripetitibilità dei “capolavori”


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