L’asticella dell’intolleranza si alza sempre più nell’India del Bjp

Scritto dasu 21 Aprile 2019

Importante il periodo storico del subcontinente asiatico, non solo e non tanto per le elezioni che si dilatano nel tempo come nello spazio sterminato di questo subcontinente popolato da 900 milioni di elettori, ma soprattutto fulcro degli equilibri mondiali tra Usa e Cina, tra partner locali e nazionalismi, tra religioni compresenti e in costante conflitto tra loro. Un paese unico per le tensioni e per le soluzioni locali alla convivenza che si differenziano e si coagulano attorno a suggestioni e propagande che ora fanno leva sui temi imposti da Modi molto di più di 5 anni fa quando era lui lo sfidante e che ora sono divenuti referendum sul suo operato, ma soprattutto nel caso di sua vittoria lo spostamento verso l’esclusione delle “minoranze” musulmane e cristiane; quando abbiamo sentito Matteo Miavaldi non erano ancora esplosi la serie di attentati che hanno causato a Pasqua nelle chiese cristiane dello Sri Lanka più di 215 morti. un messaggio pasquale che si è potuto recapitare anche grazie a quell’atmosfera di intolleranza religiosa creata nella vicina India dal governo di Modi (e le Tigri tamil non hanno mai attaccato i cristiani). Se in realtà non ha rispettato nessuna delle promesse elettorali, comunque è riuscito nell’intento di cambiare il modo di pensare del paese, ha spostato i valori verso il nazionalismo indù quanto mai nella nazione solo apparentemente ancora democratica, in realtà siamo di fronte a una democratura come molte nazioni governate dal populismo reazionario ora imperante.

Cercando di inquadrare meglio e approfondire i fatti, le vicende che vengono riportate anche dai media occidentali trovano una luce e una spiegazione nelle parole di Matteo Miavaldi che semplicemente riportando quanto esperisce quotidianamente a Mumbai ci dimostra come l apolitica di Modi abbia giocato sull’innalzamento dell’asticella ogni giorno verso la tollerabilità del suo fanatico populistmo: la passione di Matteo viene fuori indicando quale sia il metodo di propaganda, sempre lo stesso pedale schiacciato sul nazionalismo induista, senza alcuna idea ulteriore o diversa da quella di 5 anni fa, né possibilità di sbandierare successi durante questo lustro di potere incontrastato, nonostante gli indici di sviluppo siano accreditati al 7%, ci deve essere qualcosa di truccato, visto che tutti gli altri indicatori economici non si allineano a questo boom del pil; le rilevazioni non sono accurate, oppure il paese non si comporta di conseguenza.

Affrontando poi la politica estera ci si inoltra in un fitto intrigo geopolitico che coinvolge Cina, Usa, accordi del Pacifico poco efficaci, ma anche più localmente Pakistan, Kashmir, Tibet, che si confonde con la sfera di influenza della Belt and Road iniziative e i suoi risvolti predatori che hanno portato all’acquisizione di un porto in Sri Lanka del tutto controllato dalla Cina con il provato metodo dell’acquisizione in seguito al non aver onorato gli impegni presi. Modi dunque ha cercato di proiettarsi come leader alternativo all’espansione cinese, senza riuscirci in tutti i 5 anni di mandato e quindi non ce n’è traccia nella sua campagna elettorale.

Questo e molto altro scaturisce da questo intervento di Matteo Miavaldi, sbalordito di quanto possa essere cambiata l’India durante questo lustro di governo Modi:

Come l’India del 2019 arriva alle elezioni


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