Dopo 25 anni uno spiraglio di luce sul Bosforo

Scritto dasu 28 Giugno 2019

 

«Chi governa a Istanbul governa il paese», son parole del Sultano, che ora ha perduto, dunque… un cauto ottimismo proviene dalla prima vera e sonora sconfitta di Erdoğan dopo 25 anni di successi fondati sul boom economico drogato da bolle finanziarie e infrastrutture a debito che sostenevano il consenso attraverso le clientele, che ora con il cambio di amministrazione nella più importante città turca non potranno più sostenere le politiche populiste dell’Akp, il partito-famiglia del leader islamico. L’economia è uno dei motivi di ascesa e caduta, ma la cultura economica di costante crescita non è l’unica componente, per quanto ora interi settori sono in crisi, in fallimento (l’esempio che fa Murat è significativo per quanto riguarda la carta: il comparto dipende dalla Russia); importante è anche la finta solidarietà verso i rifugiati siriani, in estrema povertà, scarsa scolarità dei bambini, prostituzione…

Peraltro non saranno pochi i colpi di coda del regime liberticida e infatti un primo processo si è concluso una decina di giorni fa con svariati ergastoli comminati ai presunti militari golpisti che avevano tentato di eliminare Erdoğan nel luglio del 2016 e adesso alla sbarra sono gli intellettuali individuati come cattivi maestri del movimento di Gezi Park, inquisiti con accuse ridicole.

Abbiamo parlato di queste luci e ombre in terra anatolica con Murat Cinar, giornalista freelance, scrittore e blogger, che ci fa un quadro dei cambiamenti che si cominciano già a intravedere dai primi passi di Imamoğlu, dal linguaggio che utilizza e come si pone nei confronti della cittadinanza:

ottimismo a Istanbul nonostante i processi farsa


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