La solidarietà dei medici cubani, per la prima volta in un paese occidentale

Scritto dasu 23 Marzo 2020

La scorsa domenica una gruppo di 63 medici cubani, la Brigada Henry Reeve, è atterrato a Roma per contribuire all’attività sanitaria presso un ospedale lombardo.

Si tratta di un fatto inedito dal punto di vista politico: è la prima volta che ai medici cubani, che hanno una lunga tradizione di solidarietà internazionalista in varie parti del mondo, è concesso di intervenire in un paese occidentale.

Il fatto è ancor più significativo in quanto nello stesso giorno anche la N.A.T.O., per bocca del proprio segretario, ha offerto “aiuto” all’Italia per sconfiggere il coronavirus (magari bombardandolo con gli F35?!).

Ascolta la diretta di lunedì mattina con Marinella Correggia:

 

Henry Reeve da giovane suonava il tamburo durante la Guerra civile americana e che fu uno degli eroi della prima guerra d’indipendenza cubana, tra il 1868 e il 1878. E’ a lui che Fidel Castro ha intitolato il gruppo di medici viaggianti che negli ultimi anni ha inseguito emergenze sanitarie in mezzo mondo, il Contingente Internacional de Médicos Especializados en Situaciones de Desastres y Graves Epidemias. La Henry Reeve ha affrontato l’Ebola in Africa e il colera ad Haiti, le conseguenze di terremoti e uragani, sono l’avanguardia di quell’internazionalismo medico che Cuba porta avanti da anni, 55mila dottori che sono intervenuti in 67 paesi diversi, nelle emergenze di cui parlano tutti e in quelle di cui non parla nessuno. A gennaio sono stati in Sahara Occidentale, uno dei posti più dimenticati del globo, e in tutti gli ambulatori ci sono le foto di Che Guevara.


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