Lavoro. Come prima, peggio di prima

Scritto dasu 19 Maggio 2020

Il decreto che ha “riaperto l’Italia” continua a negare la libertà di sciopero e di corteo.
In quali condizioni lavora chi è riuscito a mantenere un’occupazione? Come funzionano gli incentivi? La sicurezza contro una nuova ondata di contagi è davvero garantita?
La sicurezza in realtà è quasi ovunque un miraggio. Già durante il lockdown erano state imposte misure draconiane a tutti, mentre dentro le aziende non è stato messo in sicurezza nulla.
Stefano Capello della CUB ci racconta delle continue denunce che arrivano al sindacato da parte dei lavoratori del grandi magazzini, quelli alimentari, rimasti sempre aperti e gli altri che stanno riaprendo i battenti in questi giorni.
In molti supermercati non c’è controllo sugli assembramenti, folle di persone li attraversano.
Anche quando il DPI sarebbero sufficienti, diventano inutili di fronte alle folle che hanno dato l’assalto a magazzini e negozi in questi giorni di riapertura.
15.000 persone hanno visitato ieri l’Ikea di Collegno. Questi luoghi rischiano di diventare bombe di diffusione del virus, come i magazzini della logistica dove il rischio è sempre stato alto.
I lavoratori che segnalano gli assembramenti rischiano ritorsioni da parte dell’azienda e quindi pochi osano farlo.
Siamo di fronte ad un apparente paradosso.
Da un lato abbiamo assistito a controlli al limite tra la persecuzione e la paranoia nei confronti di tutti, mentre alle aziende è stato permesso di mettere a rischio lavoratrici e lavoratori, chiudendo entrambi gli occhi su quanto succedeva in fabbriche, magazzini, ipermercati.
Un vero processo di colpevolizzazione delle vittime, utile a mascherare le responsabilità di chi ha prodotto questa situazione.
Le parole del neopresidente di Confindustria Bonomi, sono state chiare: i padroni non hanno intenzione di spendere una lira in sicurezza, mentre il governo sostiene prioritariamente le imprese.

Ascolta la diretta con Stefano:


Radio Blackout 105.25

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