ColombiaLivesMatter

Scritto dasu 18 Settembre 2020

All’alba del 9 settembre Javier Ordonez viene fermato a Bogotà da un reparto della polizia nazionale per aver infranto le norme legate al lockdown. Il fermo degenera in un brutale esercizio di violenza ai danni di Ordonez, che viene colpito con un taser per 11 volte. La violenza si prolunga anche dopo il trasporto dell’uomo in un CAI (centro di azione immediata; cioè nodi del tessuto poliziesco di controllo del territorio), da cui uscirà alcune ore dopo ormai morto.

Ne sono scaturite due giornate di rivolte contro i reiterati abusi della polizia che in Colombia vengono impunemente perpetrati da anni, andando a costituire una generale percezione di diffidenza della popolazione nei confronti delle forze dell’ordine. La risposta della polizia è stata brutale, raffiche indiscriminate di colpi d’arma da fuoco sulla folla, persino durante dei blackout in cui era ovviamente impossibile distinguere alcunché. Secondo gli ultimi aggiornamenti si conterebbero 10 morti, i feriti da arma da fuoco sarebbero invece 58.
Con Ana Cristina Vargas, storica e antropologa, cerchiamo di ricostruire la genealogia della violenza poliziesca in Colombia, nelle sue complicità con i gruppi paramilitari e col narcotraffico.


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