Il caffè di Murat: un magnifico rettore… di merda

Scritto dasu 9 Gennaio 2021

Comincia bene, con un omaggio a Federico Garcia Lorca in turco, perché questa è la scelta del pezzo musicale introduttivo di Murat Cinar

e prosegue ancora meglio, poiché pare che la rivolta di piazza Taksim sia rinata dalle sue ceneri, evidentemente ancora accese, visto che la voglia di celiare, ironizzare… le battute e l’atmosfera, lo spirito di Gezi emerge a ogni battuta che mette alla berlina lo sgrammaticato, intrallazzato nuovo rettore della prestigiosa università di Bogaziçi, progressista e costretta a subire la nomina di un rettore tra i fondatori dell’Akp e scelto per quei meriti scientifici lì. Ma comunque sta scontando una condanna anche lui, perché a esplicita richiesta dalla piazza, se non volesse dimettersi, la risposta è stata che non ha questa facoltà perché solo il Presidente può licenziarlo. Prigioniero di un autocrate, come tutto il paese.

Si è scatenato lo stesso sistema di controinformazione, i consueti insulti del Presidente che ha come sempre dato dei terroristi ai ragazzi, ma soprattutto un fantasma si aggira per Istanbul: la paura di Erdogan è che ritorni la stagione di Taksim.

Gli armeni hanno sospeso ogni import/express con la Turchia: un embargo di sei mesi sarà rinnovato su più di duemila prodotti. Ma quello che è più interessante di questa situazione è il riavvicinamento con Tehran, che già si era cominciato a vedere durante il periodo di guerra guerreggiata, laddove l’Iran si era ritrovato con i suoi peggiori nemici schierati con Baku e si era innervosito quando le truppe azere si avvicinarono troppo al fiume che segna i confini. E questo si collega con “l’amore nel golfo” sbocciato tra sauditi e qatarioti in funzione antiraniana, ma che può costringere Erdogan a cambiare tattica per poter contare sul bancomat di al Thani.

Ma tutto si tiene e anche la situazione in Siria è di nuovo in subbuglio, perché a seguito di serie di attentati e rovesci del potente esercito turco, che ha costretto il Presidente ad andare da Putin a concordare una nuova linea per Idlib e ne è scaturita una nuova grande idea: cacciare i curdi da quell’ultimo avamposto in Rojava del confederalismo democratico, in cambio di Idlib, ormai semisvuotata da mercenari spediti un po’ in Libia e un po’ in Nagorno. Tutto composto da bombardamenti, spostamenti di truppe, ma soprattutto l’ennesimo accordo triangolare tra Ankara, Mosca, Damasco per consentire all’esercito turco della Nato di entrare in Ayn Issa, che consente il controllo della autostrada M4, che è la porta per Kobane.


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