Stati Uniti. Dilaga la protesta femminista

Scritto dasu 28 Giugno 2022

Dilaga la protesta negli Stati Uniti dopo la sentenza della corte suprema che ha cancellato la Roe vs Wade, eliminando il diritto di scelta delle donne, che potrebbe essere cancellato in 13 degli Stati USA.
Solo ieri ci sono state in tutto il paese oltre mille e cento diverse iniziative.
Nel 1973 il caso Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization che contrapponeva lo Stato del Mississippi e la sua legge restrittiva a un’organizzazione che protegge il diritto di scelta nell’interruzione volontaria di gravidanza, rese possibile alle donne scegliere se interrompere una gravidanza.
La decisione di della Corte Suprema era ampiamente attesa, visto che già a maggio il giudice Alito, con una mossa del tutto irrituale decise di rendere pubbliche le intenzioni della maggioranza della Corte con tanto di motivazioni. Queste motivazioni, contro le quali si è espresso anche il repubblicano Roberts, che pure, ha votato a favore della cancellazione della Roe vs Wade, appaiono estremamente deboli e intrisecamente pericolose. L’argomento cardine è il fatto che la libertà di abortire non è tra quelle riconosciute dalla costituzione statunitense. Ma sono tante le libertà riconosciute successivamente alla promulgazione della carta costituzionale degli Stati Uniti, che rischiano la cancellazione da parte dei sei giudici dell’estrema destra repubblicana della corrente ultrareazionaria degli originalisti.
Questa scelta che limiterà seriamente il diritto di aborto delle donne, specie quelle più povere, che non possono permettersi le spese per viaggi e cliniche.
I dati raccolti dal Guttmacher Institute ci segnalano che le donne che ricorrono all’interruzione di gravidanza vivono nel 49% dei casi sotto alla soglia di povertà, appartengono con più frequenza a minoranze, hanno spesso già un figlio, nel 60% dei casi sono under 30 e nel 12% sono adolescenti. Negli Stati Uniti avere un figlio può implicare spese fino a 30mila dollari – in California solo il parto costa intorno ai 25mila dollari, in altri Stati poco meno di 10mila, ma stiamo parlando del solo parto. Gli Stati dove l’aborto vede le maggiori restrizioni sono anche quelli dove l’assicurazione sanitaria pubblica copre meno i cittadini. La sacralità della vita non c’entra, altrimenti il partito repubblicano non si opporrebbe a regole sul possesso di armi o voterebbe a favore di una copertura universale sanitaria per i minori.

Negli Stati a guida repubblicana dove le norme sull’interruzione volontaria di gravidanza sono più restrittive queste prevedono anche l’incriminazione delle donne che abortiscono e dei medici che effettuano la procedura.
In molti puntano il dito sui democratici, che non hanno mai ritenuto opportuno emanare una legge federale a tutela della libertà di scelta. Non solo. Quando avrebbero potuto piazzare un candidato liberal alla corte suprema non lo hanno fatto.
La partita ora si giocherà sulle piazze e nella capacità di tenuta di un movimento femminista che per ora è molto vivace.

Ne abbiamo parlato con Robertino Barbieri

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