La lotta delle prigioniere palestinesi dalle carceri israeliane

Scritto dasu 22 Febbraio 2024

Le prigioni israeliane hanno un ruolo fondamentale nella gestione coloniale della popolazione palestinese: attraverso un sistema giuridico creato ad hoc per giudicare i palestinesi, si è creata in Israele un’apartheid legale su base etnico-nazionale e, per esempio, in Cisgiordania tutti i coloni sono giudicati dalla corte civile, mentre tutti i palestinesi sono giudicati da una legge militare. La prigione israeliana non è solo un’istituzione di repressione, ma è anche un luogo in cui Israele testa tecniche di gestione per controllare varie forme di rivolta, che rivende ai paesi occidentali. Le ragioni per cui i palestinesi e le palestinesi sono arrestati/e sono molto varie: dalla resistenza fisica, all’attivismo politico o sui social. Nelle carceri ci sono membri dei vari partiti, insieme a molte studentesse legate, per esempio, alle attività nei sindacati studenteschi.

Israele ha creato una rete carcerale (definizione di una ricercatrice francese, Stéphanie Latte Abdallah) che permette di arrestare tutti i palestinesi dai 12 anni in su per ragioni molto varie, e che utilizza la legge della detenzione amministrativa, che permette di arrestare qualcuno senza nessuna accusa, di tenerlo in prigione per sei mesi rinnovabili, senza che nessuno, ne avvocati, né medici, né famigliari, sappiano perché sia in carcere.

In questo quadro, le donne palestinesi, come nel resto del mondo, sono meno incarcerate rispetto agli uomini e, certamente, questo ha avuto un impatto sulle loro forme di autorganizzazione. La prigione israeliana, a partire dagli anni 70, è stata trasformata dalle donne e dagli uomini palestinesi in un laboratorio intellettuale e politico. Le donne, che fanno parte del movimento di liberazione palestinese, ma hanno delle specificità legate alle loro condizioni particolari. Una delle prime rivendicazioni delle donne palestinesi è stato il fatto di vedersi riconosciuto uno status di prigioniere politiche, rispetto alle altre detenute israeliane. Il movimento delle donne palestinesi ha attraversato diverse tappe nella storia, dalla rivendicazione di migliori condizioni materiali (materassi e condizioni delle celle), alla strutturazione di corsi di educazione in carcere per la produzione culturale delle prigioniere e dei prigionieri. Le lotte si strutturano in comitati di gestione, che erano incaricati di gestire, ad esempio, la biblioteca, i corsi clandestini che le donne faranno in prigione, il tribunale interno che ha l’obbiettivo di non fare mai riferimento all’amministrazione penitenziaria israeliana, e forme di elezione delle rappresentanti delle donne. Nel 94-96, durante gli accordi di Oslo, accordi che hanno aiutato l’ampliamento della colonizzazione israeliana in Palestina, nell’ambito della liberazione di alcuni prigionieri/e era stato imposto a cinque donne, che avevano ucciso soldati israeliani, di rimanere in carcere. Le donne allora, si riunirono e rifiutarono di uscire e lasciare in carcere delle compagne, perché la lotta era (ed è) collettiva e la liberazione deve essere collettiva: per sedici mesi hanno fatto molti scioperi, si sono chiuse in due celle in 30 donne, si sono riunite e hanno preso decisioni solo orizzontalmente, rifiutando le imposizioni degli israeliani e anche dell’autorità palestinese, che avrebbe voluto governarle. Dopo sedici mesi di lotta dura, le donne palestinesi hanno ottenuto la liberazione di tutte le donne. Se questo modello fosse stato trasmesso agli uomini e se fosse stato tramandato nella storia, forse, si sarebbe potuta ottenere la liberazione di altri prigionieri.

In seguito al 7 ottobre 2024, i prigionieri palestinesi sono raddoppiati (da 4000 a 9000, di cui donne 80-90) nelle carceri di Gerusalemme e della Cisgiordania, mentre tutte e tutti gli uomini prigionieri di Gaza sono in dei campi di detenzione spesso nel deserto in condizioni inumane. Anche nelle prigioni per le donne, ci sono state forme di repressione molto più forti, intensificate in maniera esponenziale dal 7 ottobre in poi. C’è una situazione di sovraffollamento nelle prigioni (12 persone dove ce ne starebbero 5); non hanno più diritto all’ora d’aria;  hanno solo ora in cui possono uscire dalle celle, tempo nel quale devono anche usare il bagno.

Il movimento delle donne prigioniere e degli uomini palestinesi sta vivendo una condizione estrema, ma trova sempre dei nuovi modi inventivi e creativi di resistenza, fino a che tutti e tutte saranno libere.

Abbia intervistato Asia, ricercatrice indipendente che svolge una ricerca sulla condizione e sulle lotte delle donne nelle carceri israeliane:

La radio come strumento di connessione fra chi è fuori dalle carceri israeliane e i/le detenuti/e palestinesi. (54) Asra Voice – YouTube


Radio Blackout 105.25

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