Platform worker: il miraggio della direttiva europea
Scritto dainfosu 22 Febbraio 2024
L’8 febbraio la Commissione europea ha annunciato il raggiungimento di un accordo sulla Direttiva relativa ai lavoratori digitali (“platform worker”).
I “platform worker” sono un proletariato digitale in rapida espansione. Persone assunte, controllate, pagate da una piattaforma digitale, in genere a cottimo e senza nessuna garanzia. Tra queste persone alcune operano esclusivamente online, altre prestano servizio sul territorio (rider, autisti di Uber ecc.). Nella sola UE erano almeno 28 milioni nel 2022 e diventeranno 43 milioni nel 2024. In Italia sono intorno ai 600.000.
Una normativa sulla tutela delle lavoratrici/tori digitali era attesa dal 2017, ma solo a dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una bozza di Direttiva i cui punti salienti erano due: obbligo di trasparenza degli algoritmi utilizzati per la gestione del personale, presunzione dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato (salvo prova contraria) quando si presentassero almeno due dei seguenti cinque parametri:
1) determinazione da parte dell’azienda del salario o di un tetto allo stipendio; 2) imposizione di regole su come deve essere svolto il lavoro 3) vigilanza sul lavoro anche mediante strumenti elettronici; 4) restrizioni alla possibilità di organizzare il proprio orario di lavoro, di rifiutare un incarico o di trasferirlo a terzi; 5) restrizioni alla possibilità di allargare la propria clientela o di lavorare per altre piattaforme. Secondo la Commissione questa Direttiva avrebbe consentito di regolarizzare almeno 5,5 milioni di platform worker, attualmente considerate lavoratrici/ori autonome/i.
Dopo due anni di melina si è arrivati all’attuale compromesso. Resta l’obbligo di trasparenza degli algoritmi e viene proibito il licenziamento del personale attraverso procedure automatiche. Non sarà più l’algoritmo a licenziarti (ma il licenziamento dovrà essere deciso da un essere umano (!).
Spariscono invece i famosi cinque parametri e rimane la presunzione di lavoro dipendente in base (più genericamente) alla presenza di “fatti che indicano il controllo e la direzione, secondo la legge nazionale, i contratti collettivi o la prassi in vigore negli Stati membri e tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia”.
La partita vera è ancora tutta da giocare. Senza lotte significative cambierà ben poco.
Nel frattempo persino questo esile compromesso rischia di saltare alla partenza, viste le barricate innalzate dalla Germania.
Ne abbiamo parlato con Mauro De Agostini
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