Venezia. Al via la smart city a pagamento

Scritto dasu 30 Aprile 2024

Da circa una settimana, non senza qualche protesta, chi entra a Venezia deve esibire il cellulare con il QR code che certifica il suo diritto ad entrare in città, perché ha pagato il biglietto d’ingresso o ha l’esenzione perché residente o turista con prenotazione alberghiera.
In piazzale Roma e alla Stazione dei treni hanno piazzato due biglietterie.
Per rendere soft la trasformazione di Venezia in museo all’aperto, hanno assunto personale con diversi compiti: si va dalle pettorine bianche, che indirizzano e rassicurano, per arrivare a quelle arancioni, cui spetta un compito di controllo. La funzione repressiva è in mano deila polizia municipale.
Tutto questo apparato è estremamente oneroso, per cui gli introiti dell’accesso alla città museizzata non vanno al Comune ma servono a pagare i costi di mantenimento del sistema di controllo. Ci guadagneranno le società private che gestiscono i varchi, che ne ricaveranno anche i dati di chi, a diverso titolo, vi accede. L’acquisizione di dati è in se un buon business, perché facilita la profilazione ed è appetibile per chi deve piazzare i propri prodotti.
Chi abita a Venezia, chi ci lavora con contratto, chi studia, chi deve fare una visita medica, tutte e forze dell’ordine, chi partecipa a manifestazioni patrocinate dal comune, chi è nato a Venezia, chi vive in Veneto… non paga l’ingresso ma viene comunque profilato.
A Venezia, con il pretesto del controllo del turismo occasionale, si mette sotto costante controllo l’intera popolazione. Resta fuori chi lavora in nero, chi è domiciliato nella città ma non ha un contratto d’affitto, chi non ha i documenti, chi non ha un lavoro. Queste persone devono “scegliere” tra pagare o diventare clandestini nella città in cui vivono.
Ne abbiamo parlato con Nicholas, un compagno di Venezia

Ascolta la diretta:


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