Corso Vigevano 41: governare attraverso la nomadizzazione urbana

Scritto dasu 13 Giugno 2024

Continuiamo a parlare di come si riconfigura la governance dell’abitare a Torino, città dove il mercato degli affitti è oggi insostenibile, gli sfratti e sgomberi ordinari come nel recente caso di Via Muriaglio 11, il welfare abitativo smantellato e messo a profitto con strumenti di ingegneria finanziaria e sociale da una coalizione di “buoni” pubblico-privata affamata di rendita.

La storia di un singolo palazzo talvolta può essere rivelatoria del potere dei padroni della città. Così è nel caso di Corso Vigevano 41.

La proprietà è di Giorgio Molino, noto immobiliarista. Che costui non sia una mela marcia, bensì un attore pienamente integrato nelle logiche della rendita urbana, che sanno sapientemente maneggiare i codici della legalità e dell’illegalità, lo testimonia il fatto il Comune di Torino si sia storicamente appoggiato sui suoi immobili per governare gli esclusi dall’ordine della cittadinanza: dai profughi dell’emergenza Nord-Africa nel 2011, ai rom sgomberati dalla baraccopoli di Lungo Stura nel 2015. In entrambi i casi la Sala Rossa era a guida PD.

Oggi in questo palazzo vivono decine di persone che pagano centinaia di euro per stanze inabitabili. Da mesi sotto sfratto per mano di scagnozzi della proprietà che ne hanno murato le porte, oggi il primo piano si trova anche sotto sgombero a causa di una ordinanza comunale che sostiene di tutelare la “sicurezza” degli abitanti. In un mondo alla rovescia, il vero è un momento del falso.

Quali sono oggi gli interessi su Corso Vigevano 41? Quel che è certo è che questo palazzo parla del governo attraverso la violenta nomadizzazione urbana – militare, amministrativa, privata – dei reietti, pur funzionali all’economia di Torino. Utili purchè raminghi e a repentaglio, sfollati di baracca in baracca, di tugurio in tugurio, di strada in strada.

Qui la testimonianza di un abitante:

 

Qui il racconto di una solidale, con qualche riflessione sulle implicazioni della cd. “green” e “smart city” nel governo dell’esclusione di fette sempre più ampie di abitanti della città:

 

 


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