Murazzi e loro destinazione d’uso
Scritto dainfosu 20 Giugno 2013
I Muri del Csa Murazzi sono stati murati. A parte la chiusura – soprattutto mentale, oltreché linguistica – insita nell’operazione di chi l’ha condotta, appare dettata dall’assenza di strategie e di progettualità la scelta dell’amministrazione comunale di provocare irritazione inutile all’inizio dell’estate, il momento in cui più sono frequentati i quai torinesi, quindi quando più gli operatori guadagnano… Si parla di speculazione, un’altra speculazione (ancora peggiore di quella che nell’Ottocento ha dato luogo al sito) – quella che fa pensare a nuove “bomboniere” o a gentrification simili a quella di altri luoghi una volta ruspanti e ora “quadrilateri” o “sansalvari” per fighetti, che sembrabo rispondere a una unica strategia volta a rendere innocua ogni espressione – e allora abbiamo provato a chiedere a un architetto, insegnante di progettazione alla facoltà torinese, e quello che abbiamo ottenuto è una disamina del luogo e la sua conseguente impossibilità a sostenere qualsiasi impatto edilizio diverso da quello del sito destinato al divertimento: «è un luogo ai margini delle norme di abitabilità definite dai nostri regolamenti», quindi va solo bene per attirare svago in particolare nel periodo estivo, e nel 1989 (quando venne giù un altro “Mauer”) lo svago volevamo fosse almeno intelligente.
Fin dal 1830 quelle arcate sono solo un bordo, uno spazio interstiziale tra la via sopraelevata e il fiume. Erano botteghe artigiane, barcaioli… Il Csa Murazzi era nato come scambio tra il movimento che nel 1989 cominciava ad animare la Pantera e le istituzioni che non avevano tollerato la prima occupazione dell’Askatasuna e in difesa proponevano un compromesso: infatti si chiama csa e non csoa e la scelta di utilizzarlo nasceva anche dal bisogno di abitare il luogo in modo di animare il lungopo con iniziative culturali e musicali soprattutto molto alternative rispetto all’offerta mainstream (quella legata alla gentrification)… e per 24 anni, sbertucciando i lai dei fascisti, in qualche modo ha somministrato appuntamenti interessanti: politici (Prospero Gallinari o Sante Notarnicola), culturali (lì c’era la sede del centro di documentazione Senza Pazienza), cinematografici (Salvatores, in parte fischiato, perché già fuori da ottiche antagoniste, ben prima dell’oscar)… tantissimi gruppi musicali ascoltati a due passi dalla riva del fiume; e poi episodi di vario tipo, cacciate di legaioli o questioni di cronaca che comunque animavano il luogo senza degradarlo.
Quindi in conclusione non possiamo che immaginare ottusità e assenza di idee alla base di una chiusura livorosa e dettata dall’insipienza della giunta Fassino, visto che anche nella disamina tecnica di Alessandro non si riesce a trovare un motivo valido per intervenire in forze con vigili, pompieri, carabinieri, digos e guardia nazionale per tirare su un muro che era caduto già nel 1989. E soprattutto, non adesso! D’altro lato magari si può immaginare una proposta innovativa, un “progetto” viene chiamato dall’architetto che abbiamo interpellato (e chi gestisce il csa è da sempre abituato a mettersi in gioco in questo senso), ma forse il problema è che l’arroganza dell’interlocutore adesso richiede che venga risdimensionata la sua volontà di rendere innocua ogni zona di Torino, normalizzata, gentrificata: dietro le divise, i circhi mediatici e i pennivendoli si sentono in grado di poter imporre l’humus, l’atmosfera e le idee… senza considerare nessun genius loci