Algeria senza scampo: elezioni inevitabilmente farsesche
Scritto dainfosu 17 Aprile 2014
Un paese imbalsamato dal suo Presidente, da vent’anni al potere, malato, moribondo e impossibilitato persino alla campagna elettorale, nel tentativo di ottenere il suo quarto mandato: un fantoccio nelle mani di servizi segreti, dell’esercito e dei dinosauri del Fronte di Liberazione Nazionale, partito al potere dal 1962, ovvero la perpetuazione della gestione del potere per il potere, lasciando languire il Paese. Attorno candidati collusi, ognuno con la parte in commedia già scritta, compresa Louisa Hanoune, trockista in un paese in cui nessuno conosce il leader bolscevico ucciso in Mexico, che con i suoi intrallazzi con il potere ha assicurati i suoi seggi con cui tirare a campare… sempre sbandierando lo spauracchio dell’intergralismo.
Nel novero dei personaggi che congelano il paese maghrebino, ricco di gas e idrocarburi, si annoverano tutti i movimenti improvvisati, i generali, l’Occidente che non può permettersi di perdere un’altra fonte energetica del genere… ma in particolare il ridicolo competitore, appartenente allo stesso partito del regime, che urla all’inghippo a urne non ancora aperte (e chi meglio di lui può sapere se si stanno consumando brogli?! I brogli ci saranno, perché sono nell’ordine delle cose algerine.. peraltro, al di là dei numeri gonfiati con metodi tradizionali, ci sono manovre mediatiche per consentire un accordo tra le mafie e permettere il passaggio di potere al delfino), risulta figura ambigua: Ali Benflis è da sempre nell’orbita di Bouteflika, fingendo di essere rivale; altri candidati la società non ha prodotto, o non ha voluto credere alla truffa elettorale. Le regioni che si sono autonomizzate virtualmente non permettono nemmeno i comizi al partito al potere, che tollera per quieto vivere – e perché comunque non sono permeabili all’integralismo islamico. Rafforzati dalla vittoria contro gli islamisti, i militari non hanno voluto cedere il potere dal golpe antiFis del 1992, e sfruttando il gas e il petrolio hanno comprato le coscienze e la pace sociale, mantenendo uno status quo che oggi è incarnato dalla candidatura di Bouteflika.
Eppure in Algeria, il malcontento sociale è forte: la mancanza di alloggi e la disoccupazione, altissima soprattutto tra i giovani, sono temi caldi tra gli studenti e le associazioni di lavoratori che, con i sindacati (più difficili da controllare rispetto alla centrale sindacale unitaria di una volta), non smettono di scendere in piazza, al di là dei movimenti estemporanei come Barakat che si oppone essenzialmente a un quarto mandato a un uomo malato, ottenuto cambiando la Costituzione. Solo l’apparato poliziesco del generale Toufik ha potuto contenere la rabbia, evitando che si scatenasse anche qui una rivolta come le primavere arabe delle altre nazioni confinanti.
A oltre mezzo secolo dalla sua indipendenza, l’Algeria può contare su una lunga striscia costiera, fertili terreni agricoli e grandi riserve di gas e petrolio, eppure i suoi giovani sono schiacciati dalla disoccupazione e sognano di fuggire lontano. Come fece Karim ormai molti anni fa, pur rimanendo legato al Paese dei suoi avi, dove torna spesso e su cui è sempre molto ben informato, come sentirete, ascoltando questo contributo.