Sur: svolta autoritaria dei leader izquierdisti in America latina?

Scritto dasu 24 Settembre 2015

L’America latina si è affrancata da protezioni pericolose degli yanqui e dalle intrusioni dei servizi segreti statunitensi degli anni delle operazoini Condor e dele dittature militari con la contemporanea conquista del potere in molte nazioni da parte delle forze progressite, sulla scorta di promesse di emancipazione e riforme strutturali, di redistribuzione di terre e ricchezze, di sfruttamento alternativo delle risorse, di stato sociale e rispetto delle popolazioni indigene. Ora sembrano un po’ tutte in sofferenza perché molte promesse non sono state mantenute e i cittadini ne chiedono conto, le risorse non consentono più proventi sufficienti per mantenere uno stato sociale decente e le pressioni del capitale straniero (oltre alla corruzione interna, come dimostrato dagli scandali brasiliani) mutano i rapporti con i cittadini che cominciano a protestare. Emblematico è il caso dell’Ecuador, dove il presidente Correa tenta di cambiare la Costituzione per potersi ricandidare a un terzo mandato, perpetuando il proprio potere e da alcuni anni ha inasprito la repressione dei moti di piazza contro il suo governo. Ultimamente la polizia ha trasceso caricando pesantemente  il 13 agosto scorso un’imponente manifestazoine, facendo molti feriti e arrestando centinaia di persone. Ora cominciano a raccogliersi le testimonianze.

Non tanto diverso è il caso del Guatemala, dove non c’è un leader bolivariano o di centrosinistra al potere, ma i metodi sono simili a quelli che connotano le sparizioni e gli assassini di attivisti che sostengono le ribellioni delle popolazioni indigene vessate, sfruttate, cacciate dalle loro terre, anche in Brasile, patria dell’ex presidente leader dei Sem Terra Lula: proprio nella federazoine carioca si registra il maggior numero di omicidi di militanti (29 l’anno scorso quelli documentati da Global Witness) della giustizia ambientale. Infatti proprio nell’ambito della difesa ecologica si registrano i soprusi maggiori: “si comincia a criminalizzare le proteste, limitare le libertà, modificare (o ignorare) le normative sulla protezione ambientale ignorando i diritti di chi dovrà sfollare per fare posto a una diga, o miniera, o piantagione industriale – o di chi si trova acqua e terra contaminate”, così scrive Marina Forti nel suo articolo che prende spunto dala morte dell’attivista ambientale guatemalteco Rigoberto Lima Choc, maestro di scuola, che aveva denunciato l’inquinamento del fiume La Pasiòn da parte di Repsa (produttore di olio di palma), affamando un intero villaggio di pescatori .

Tutti questi episodi non fanno che corroborare il tentativo papale di riconquistare il subcontinente latino (uno dei motivi del viaggio statunitense di questi giorni: trovare un alleato interessato a ricontrollare il cortile di casa), dove è alle prese con l’emorragia di fedeli attirati da santeria e soprattutto evangelici e sette di vario tipo: di qui abbiamo preso le mosse con Marina Forti, giornalista e blogger (www.terraterraonline.org/), per analizzare i modi e i motivi della svolta autoritaria dei governi izquierdisti al potere da una dozzina di anni in America latina:

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