Contro la riapertura della frontiera del Brennero

Qualche giorno fa il ministro dell’interno austriaco aveva annunciato la volontà di chiudere la frontiera sul Brennero prevedendo un aumento del flusso da centotrenta mila a trecentomila di immigrati che attraverseranno il Mediterraneo e raggiungeranno l’Italia. La chiusura della cosiddetta rotta balcanica infatti riduce le possibilità di accesso ai confini europei costringendo su altre rotte le centinaia di persone che si mettono in viaggio, una su tutte quella mediterranea. Già da mesi in Austria si parlava però di ricostituzione della frontiera sul Brennero per tutelarsi, sul scia di molti paesi dell’est Europa, di fronte a una pressione sui confini che non accenna a diminuire. Tanto più che gli immigrati che si attendono arrivano tendenzialmente dal Nord e dal centro Africa, per la maggior parte non potranno veder accolta la propria domanda di asilo e diventeranno di fatto clandestini. Un cambio di direzione negli ultimi giorni c’è stato però, causa elezioni parlamentari in arrivo, e alla possibilità di ripristinare fisicamente la frontiera con container, sbarre, reti e filo spinato l’Austria ha optato per una scelta più soft, a loro dire, scegliendo per il solo posizionamento dell’esercito.

Di fronte a questi scenari qualcuno si è mosso deciso a non lasciare che i lavori e i piani del governo austriaco proseguano indisturbati. La settimana scorsa un corteo numeroso ha impattato con la polizia sulla frontiera mentre per il prossimo maggio è stata chiamata una giornata di lotta contro le frontiere e al Brennero è prevista una manifestazione.

Dell’idea di questo corteo, della situazione vicino alla frontiera così come pure del ruolo di Chiesa e Provincia nel sistema molto remunerativo dell’accoglienza, abbiamo parlato con un compagno di Trento rilanciando l’appuntamento di giovedì prossimo 14 aprile alla BlackOut House (via Cecchi 21/a) per un racconto dal vivo della lotta intrapresa sulla frontiera del Brennero.

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