L’odio di Kandy: è indispensabile un nemico a nutrire il nazionalismo
Scritto dainfosu 9 Marzo 2018
Teatro di conflitti feroci al tempo delle Tigri Tamil e un computo approssimativo di 40000 morti (alcuni parlano di 100000) durante gli ultimi eccidi del 2009; popolazioni diverse per provenienza, sia spaziale che temporale, e religione; interessi divergenti da parte di potenze che sostengono il regime, o altri nazionalismi che maltollerano presenze nella regione che possono sconvolgere equilibri, soprattutto quando per mantenersi al potere i regimi autoritari devono soffiare sul fuoco nazionalista.
I Tamil sono sempre stati vessati dai buddisti singalesi e da non violenti divennero feroci terroristi e per un quarto di secolo si registrano scontri, finché Rajapaksa, sostenuto dai cinesi, decise di sterminare i Tamil, relegando gli hindu nel Nord del paese, in una piccolissima safe area. Ora il nemico è di nuovo scelto meticolosamente: si tratta del 10% musulmano e il pretesto è stato dato da una disputa che è finita in un pestaggio a morte di un automobilista singalese; il fatto ha scatenato la reazione dell’intera comunità che ha incendiato e distrutto il quartiere poverissimo dove vivono i musulmani. E il governo ha tardivamente imposto il coprifuoco.
Ma già a fine febbraio c’erano state le prime avvisaglie di un ennesimo pogrom, il più grave dei quali risale al 2014: ad Ampara, nell’Est del Paese, fu vandalizzata una moschea mentre gruppi radicali capeggiati da monaci accusavano i musulmani di fare proselitismo religioso. La comunità musulmana, diffusa in prevalenza sulla costa, è in parte di origine araba, giavanese e indiana. E l’orchestrazione di queste ondate di intolleranza rispondono a una precisa strategia.
Emanuele Giordana ha concluso il suo articolo su “il manifesto” di oggi dicendo «La parabola dell’odio attecchisce sempre quando si cerca un capro espiatorio ai propri guai. E il governo finisce a tollerare, non per simpatie radicali, ma per non perdere il consenso dei due terzi della popolazione srilankese contro solo il 10% di “mori”». Ricorda strategie elettorali di altre longitudini.
Abbiamo chiesto proprio a Emanuele di contestualizzare e rievocare gli eventi che hanno segnato lo Sri Lanka fino ad arrivare ai nuovi pogrom di questi giorni e ne è scaturito questo quadro, dove gli investimenti passano di mano con l afine di Rajapaksa e i mercati si fondono con l’intolleranza in un’evoluzione che trova spiegazione nella ricostruzione del giornalista di Lettera22.
Il contesto in cui affonda il conflitto in Sri Lanka