CRONACHE DELL’INTERREGNO – EPISODIO 7 – CHI HA PAURA DELL’INFLAZIONE?
Cattivi Pensieri
“…I nostri ascoltatori più assidui potrebbero chiedersi, e a giusto titolo, se sia ancora legittimo parlare di “Interregno”, ovvero se la crisi del Covid-19 non ne sancisca già la fine. Quello che possiamo dire, è che certamente quest’ultima segna uno spartiacque, ma il quadro complessivo non non è ancora mutato nei suoi tratti fondamentali. Lo suggeriscono in primo luogo le iniezioni di liquidità senza precedenti da parte delle banche centrali dei paesi più sviluppati. Il rilancio enormemente potenziato della politica monetaria del quantitative easing ci permette di introdurre il tema di oggi. Ai piani alti della società, dai circoli dell’alta finanza ai servizi studio delle grandi aziende, sono in molti a chiedersi quali saranno le conseguenze a breve e medio termine di questa politica monetaria. Alcuni temono un crollo deflazionistico, altri temono un ritorno dell’inflazione. Cerchiamo di vederci più chiaro, ripassando qui e là alcuni punti evocati nelle scorse Cronache.”
“[…] Il ricorso all’artiglieria pesante da parte della BCE, della FED, etc. non manca di suscitare proteste fra gli economisti più liberali, preoccupati per il fatto che un’eccesso di liquidità a fronte dei beni e servizi disponibili sul mercato si traduca in una svalutazione della moneta e dunque in un rincaro dei prezzi. I partigiani del whatever it takes dicono che non c’è nulla di cui preoccuparsi, tenuto anche conto del crollo del prezzo del petrolio. Qualche dubbio è però legittimo averlo. L’eventualità di un passaggio più o meno repentino da una forte deflazione ad un’inflazione sostenuta è data dalla drastica flessione della produttività e, soprattuto, dall’aumento dei costi per le imprese che sopravviveranno alla scrematura in corso. Questi costi aggiuntivi derivano da molteplici fattori, “pandemici” e non. Alcuni di essi, i più immediati, sono ascrivibili alla riorganizzazione delle catene di valore e alla necessaria riorganizzazione dello spazio di lavoro, negli uffici ad esempio, dove l’open space ha poche chance di sopravvivere al Covid-19. Altri fattori, più a medio termine, provengono invece dal fronte geopolitico, dove la tendenza lenta ma inesorabile all’innalzamento di barriere commerciali tenderà prevedibilmente ad accentuarsi.”
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