Processo Askatasuna/NoTav: il collegio di difesa prende parola
Scritto dainfosu 29 Gennaio 2025
Mentre il processo contro 28 compagn* del centro sociale Askatasuna e militanti No Tav della Val Susa per “associazione a delinquere” sta giungendo al termine del 1° grado – con la richiesta di complessivi 88 anni di carcere e una penale di 7 milioni di euro – assistiamo ad alcune sbilanciate mosse propagandistiche a mezzo televisivo (alcuni servizi andati in onda la scorsa settimana in prima serata su Rete4) per forzare in qualche modo la percezione di quello che si sta giudicando nelle aule di tribunale, con la sovraesposizione del punto di vista della Questura di Torino e il solito montaggio tendenzioso di intercettazioni audio (peraltro non consentito dall’ultimo codice di procedura penale).
Come se non bastasse, in alcune recenti occasioni istituzionali, alcune figure non di secondo piano della Magistratura prendono parola per esprimere giudizi ricalcati pedissequamente sulle tesi dell’accusa (di un processo non ancora concluso) quasi a dare per scontate (orientare?) le condanne richieste.
Contro questa ingerenza indebita si sono espressi in forma chiara e puntuale gli avvocati del collegio di difesa del processo, con un comunicato che sotto riportiamo.
Abbiamo raggiunto al telefono l’avvocato Claudio Novaro per ragionare sui nodi sollevati dal comunicato degli avvocati della difesa
Comunicato difensori No Tav su ingerenze illegittime nel Processo Sovrano
Siamo i difensori di alcuni attivisti del centro sociale Askatasuna e del movimento No Tav, imputati in un processo attualmente in corso avanti alla prima sezione del Tribunale di Torino. Tra le tante imputazioni formulate dalla Procura (sono 72 i reati contestati), spicca quella per il reato associativo – originariamente qualificato come associazione sovversiva e poi derubricato nel delitto di associazione per delinquere aggravata rivolto a 16 militanti del centro sociale Askatasuna. Il processo è ormai alle ultime battute, si sono quasi del tutto esaurite le discussioni delle diverse parti processuali, ma si sono verificati in questi giorni alcuni fatti che meritano di essere segnalati. Sono stati trasmessi in data 20 e 27 gennaio, sul canale televisivo di Retequattro, dei servizi giornalistici, nell’ambito della trasmissione Quarta Repubblica, fortemente ostili nei confronti di Askatasuna e del suo ruolo nell’ambito del conflitto sociale torinese e valsusino, con evidenti richiami al processo in corso. Si tratta di servizi che accostano disinvoltamente le vicende che riguardano il centro sociale con filmati che poco o nulla c’entrano con lo stesso, che utilizzano e mostrano, in contrasto con una specifica previsione legislativa, del materiale
prodotto dalla Digos nel corso delle indagini.
In secondo luogo, a Torino, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 25 gennaio scorso, Enrico Aimi, che interveniva in qualità di membro laico e rappresentante del CSM, si è pubblicamente complimentato con l’Avvocatura distrettuale dello Stato per la richiesta di risarcimento dei danni (avanzata nei confronti degli imputati nell’interesse della presidenza del consiglio e dei ministeri
dell’interno e della difesa), per oltre 6 milioni di euro, a fronte, sono le sue parole, “delle devastazioni causate da alcuni centri sociali nei cantieri TAV in Val di Susa”. Subito dopo, nella stessa occasione, la Procuratrice Generale presso la Corte d’Appello ha rincarato la dose, richiamando esplicitamente nel suo intervento le indagini svolte nel processo penale in corso, che dimostrerebbero che i militanti del centro sociale “hanno strutturato una progettualità volta ad innalzare il livello di conflittualità contro le Istituzioni intercettando le tensioni sociali al fine di permearle dentro un’apparente solidarietà, hanno assunto la regia della mobilitazione violenta in Val di Susa, hanno realizzato una struttura organizzativa complessa che consentisse loro di confidare anche sul consenso di una parte dell’opinione pubblica”.
Si tratta di un resoconto abbondantemente ripreso dai giornali locali e nazionali, con intere pagine dedicate alla questione e titoli come “Affondo di Musti su Askatasuna. E’ loro la regia della violenza, Torino capitale dell’eversione”. Tutto ciò ci inquieta profondamente come avvocati e come cittadini.
Tale esposizione mediatica rischia di compromettere profondamente la necessaria tranquillità e riservatezza, nonostante il suo carattere pubblico, che deve circondare un processo penale. Per dirla con Hanna Arendt, la giustizia “richiede isolamento, vuole più dolore che collera, prescrive che ci si astenga il più possibile dal mettersi in vista”.
Al di là dei servizi televisivi, della cui correttezza risponderanno al più gli autori nelle opportune sedi giudiziarie, che il rappresentante di un organo di rilievo costituzionale approvi, senza nemmeno conoscerla (perché se avesse avuto modo di leggerla forse avrebbe intuito le innumerevoli lacune e incongruenze che, a nostro parere, la costellano), una richiesta vertiginosa di danno nei confronti di alcuni cittadini è cosa che lascia stupiti.
Ma ancor di più stupiscono le parole di un’autorevole magistrata della Procura Generale che, davanti ad una platea composta di giudici dello stesso distretto in cui si svolge il processo, commenti lo stesso con accenti di particolare perentorietà, in contrasto con il valore del dubbio e la prudenza del giudizio, entrando nel merito di una concreta vicenda giudiziaria e anticipandone quasi l’esito. Tutto ciò in contrasto con un principio assiologico del nostro ordinamento, costituito dalla presunzione di non colpevolezza degli imputati, con le regole di galateo istituzionale e anche di specifiche norme di legge, che dovrebbero sconsigliare gli interventi pubblici su un processo in via di definizione.
Torino, 28 gennaio 2025.
Valentina Colletta
Sara Gamba
Danilo Ghia
Valentina Groppo
Roberto Lamacchia
Claudio Novaro
Gianluca Vitale
per maggiori informazioni: https://associazionearesistere.org