Gradisca. Processo per la morte di Vakhtang Enukidze

Scritto dasu 11 Marzo 2025

Era nato in Georgia 37 anni prima. La sua vita è finita alle prime ore del 18 gennaio 2020.
Vakhtang Enukidze è stato massacrato di botte dalla polizia. Era rinchiuso nel CPR di Gradisca d’Isonzo. Siamo sul confine orientale, dove approdano quelli che riescono ad entrare in Europa dalla rotta balcanica.
La fine di Vakhtang l’hanno raccontata i suoi compagni di prigionia.
Dieci poliziotti in tenuta antisommossa sono entrati nella sua cella e l’hanno accerchiato e picchiato. Lui è caduto, sbattendo la testa contro un muro. Mentre era a terra alcuni poliziotti gli hanno messo i piedi sul collo e sulla schiena, l’hanno ammanettato e portato via.
“Lo stavano tirando con le manette come un cane, non puoi neanche capire, questo davanti a noi tutti” lo ha detto al telefono ai solidali un suo compagno recluso.
Un altro testimone, amaro, sostiene che: “V. é morto per niente. Aveva accettato di essere deportato in Georgia. Ora il suo corpo è in una cella frigorifera. Oggi è toccato a lui, domani potrebbe toccare a chiunque di noi. Bisogna far sapere a tutti quello che è successo.”
Cinque anni dopo è ancora in corso un processo che vede alla sbarra per omicidio colposo Simone Borile, allora capo della cooperativa Ekene, che gestiva il CPR, e l’allora centralinista del centro, Roberto Maria La Rosa. Li chiamano “mele marce”, ma sono solo ingranaggi della macchina della reclusione amministrativa.

Ne abbiamo parlato con Raffaele, compagno attivo nelle lotte al CPR, che da mesi è incandescente ed ancora domenica è stato teatro di intense proteste.

Ascolta la diretta:


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