eresia
Da Dolcino a Gioacchino da Fiore ai Catari, Patari, Gazzeri, Bogomili, Valdesi, fraticelli, tutti gli eretici perseguitati ferocemente da una chiesa cattolica ben decisa a difendere, in nome della Città Celeste, il proprio più che terreno dominio.
Eretici accomunati dal rifiuto del principio di autorità e quindi della Chiesa alla quale non si debbono pagare le decime. Dolcino, ad esempio, predicava la povertà come distacco dal potere e dalla gerarchia, la comunione dei beni materiali, l’assenza di vincoli formali di obbedienza. La sua era una dottrina radicale che incontrandosi con le esigenze emergenti dalla disperata condizione dei servi della gleba e del popolo minuto delle città porta ad una rivolta che per le autorità religiose e civili del tempo rappresentò una terribile minaccia per l’ordinamento istituzionale e sociale.
I dolciniani raccolsero consenso tra masse povere rurali ed urbane e, anziché “farsi massacrare inermi, si armarono, espropriarono per sopravvivere i ricchi, inventarono la guerra di guerriglia, in pianura e in montagna”.
Nel 1307 si concludeva sulle montagne biellesi l’ultima battaglia di Dolcino e degli “Apostolici” contro la crociata feudale. Questa battaglia resta nella storia come segno e memoria di un lungo conflitto. La lotta dei ribelli contadini ed eretici riemerge nei movimenti giacobini del 1796-99, nelle lotte democratiche del 1848, accompagna la formazione di gruppi operai di indirizzo anarchico e socialista a fine ‘800, nei nomi e nei luoghi dolciniani nella Resistenza e nelle lotte operaie degli anni ’60.
Nel lungo cammino delle rivolte popolari l’epica lotta antifeudale ed egualitaria degli insorti dolciniani si dipana sul filo della memoria e del tempo.
Il filo rosso delle ribellioni popolari attraversa le epoche e i confini e si intreccia nella memoria facendosi cosa viva nelle lotte di oggi.
A oltre 700 anni dal rogo degli eretici dolciniani, sconfitti dopo lunga resistenza, ogni anno, dal 1974, il monte Rubello è luogo di incontro nel segno di una resistenza che continua, del filo che annoda le lotte di ieri a quelli che oggi vedono protagonisti i tanti che non credono che questo mondo di guerre feroci, torture, disuguaglianze, razzismo, saccheggio e devastazione dei territori sia il migliore dei mondi possibili.
Ne abbiamo parlato con Roberto Prato, che con tanti altri, nel 1974 salì al monte per collocare un cippo nello stesso luogo dove i fascisti avevano fatto saltare la pietra posta ad inizio secolo dai operai anarchici e socialisti della zona.
In questo stesso luogo si terrà domenica 9 settembre l’annuale giornata dolciniana, con salita al cippo, assemblea, pranzo al sacco, musica e teatro.
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