I mille volti della morte migrante

Scritto dasu 24 Ottobre 2013

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Non solo durante il viaggio uccisi dagli stenti, o dalle percosse degli sbirri di ogni latitudine, non solo affogando sulle coste dell’accogliente Europa, ma i migranti muoiono anche una volta finalmente giunti a destinazione, durante lo sfruttamento bracciantile nelle campagne si muore per le condizioni in cui si è costretti a vivere, solo perché non si è cittadini. Li chiamano incidenti, ma è solo razzismo. Ousmane Diallo è morto nella tendopoli di Campobello di MAzara, simile a tutte quelle che ospitano i braccianti che percorrono la penisola spostandosi stagionalmente in base alle raccolte periodiche agroalimentari.

Abbiamo sentito Fausta che segue i casi dei migranti sfruttati in Sicilia e ci ha fatto un quadro delle condizioni in cui vivono e lavorano nella valle del Belice in particolare, luogo topico per l’immaginario italiano, dopo il terremoto del 1968 che vede in queste baracche di “fortuna” (perlopiù in eternit) un riutilizzo delle piattaforme di cemento su cui fino a pochissimo tempo fa poggiavano baracche per italiani sopravvissuti o addirittura nati e cresciuti dopo il sisma devastante di 45 anni fa

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