Iraq. Infuria la guerra civile
Scritto dainfosu 18 Giugno 2014
Gli insorti dell’Isis sono ormai a meno di cinquanta chilometri da Baghdad.
Ieri i ribelli dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante – Isil – hanno proseguito l’offensiva lanciata la scorsa settimana. Sono riusciti a prendere il controllo della località di Tal Afar, enclave sciita nella provincia a maggioranza sunnita di Ninive, 380 km a nord-ovest della capitale. Dopo ore di combattimenti, gli insorti sono entrati nella città di 20.000 abitanti e nell’aeroporto mentre soldati e poliziotti sarebbero fuggiti lasciando sul posto le proprie armi.
A Baquba, a soli 60 km da Baghdad divampa la battaglia. Da Baquba, porta di accesso alla capitale che dista solo un’ora, sarebbero fuggite centinaia di persone mentre ci sarebbero almeno 44 vittime.
Il governo di Nouri al Maliki accusa l’Arabia Saudita di finanziare sostenere moralmente gli insorti. Il primo ministro risponde alle critiche mosse dalle autorità saudite, che ritengono al Maliki responsabile di “aver portato l’Iraq sull’orlo del baratro con la sua politica di esclusione dei sunniti”, chiedendo la formazione di un governo di unità nazionale.
Sul versante diplomatico non sono sfociati in nessuna risposta concreta i colloqui tra Stati Uniti e Iran. Pur avendo un “interesse condiviso” contro gli insorti dell’Isil, sembra esclusa una cooperazione militare bilaterale. Per ora Washington ha fatto dispiegare 300 soldati statunitensi per proteggere la sua ambasciata a Baghdad e ha proceduto all’evacuazione dei funzionari diplomatici. Obama ha annunciato l’intenzione di usare droni in sostegno al governo di Baghdad.
Negli ultimi anni, il potere a base tribale che caratterizza i gruppi sunniti, si è in parte disgregato, lasciando spazio all’iniziativa delle milizie quadiste, per loro natura internazionaliste e ben finanziate dalla dinastia Saud, che, forte dell’alleanza con gli Stati Uniti, ha finanziato le cellule quaediste in ogni dove. Oggi gli Stati Uniti sono in palese difficoltà di fronte all’ennesimo Stato fallito dopo il loro intervento militare. La lista si sta allungando dalla Somalia all’Afganistan sino all’Iraq.
Lo scacchiere iracheno è molto complesso. Iraq è una tipica formazione post coloniale, dove sono tenute insieme aree e popolazioni molto diverse. I principali sono tre curdi, arabi sciiti, arabi sunniti. Non mancano tuttavia importanti minoranze linguistiche, religiose, culturali, comei turcomanni e i cristiani.
Il regno hashemita, sorto dopo la dine del mandato britannico sulla Mesopotamia, comprendeva le tre ex provincie ottomane di Mossul (alto corso del fiume Tigri), Baghdad (medio corso);Bassora (nei pressi della confluenza tra Tigri ed Eufrate).
Sin quando un colpo di Stato non pose fine alla monarchia, l’Iraq rimase, non senza tensioni e con una breve guerra tra Iraq e Regno Unito, sotto l’influenza della ex potenza coloniale, che vi mantenne basi militari e consiglieri politici.
Nel 1958 un golpe militare pose fine alla monarchia e all’influenza inglese sul paese. Dopo dieci anni di instabilità politica prenderà il potere il Baath, partito laico di ispirazione nazional-socialista, che porterà il paese nell’orbita sovietica.
Il lungo potere di Saddam Hussein è caratterizzato, oltre che da un violento dispotismo, da una grande capacità di mantenere un difficile equilibrio tra i vari gruppi tribali.
Significativo che il paese sia riuscito a reggere anche durante la guerra santa scatenata dall’Iran degli Hayatollah per la conquista dei luoghi santi degli sciiti, che si trovano tutti in territorio iracheno. Non avviene una saldatura tra le popolazioni sciite, ma arabe o curde dell’Iraq e la Repubblica sciita dell’Iran.
L’intervento statunitense del 2003 porta ad una divisione su base religiosa della popolazione, contribuendo alla disgregazione dei legami clanici e favorendo una deriva identitaria su base religiosa.
E’ in questo contesto che l’ISIS sta giocando la propria partita, mirando alla costituzione del califfato, mettendo insieme le zone della Siria sotto il proprio controllo e quelle dell’Iraq sunnita.
In questo contesto la battaglia per Baghdad, capitale multietnica del paese assume una valenza simbolica e materiale eneorme.
La prospettiva è un bagno di sangue.
Ne abbiamo parlato con Stefano Capello.
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