Rojava. La resistenza di Kawa contro Dehak
Scritto dainfosu 1 Ottobre 2014
Kawa e Dehak sono figure della mitologia curda e persiana. Secondo la tradizione curda il fabbro Kawa guidò una sollevazione contro la lunga e sanguinaria tirannia di Dehak, uccidendo il tiranno e riportando in Kurdistan la primavera. Il mito del ritorno della primavera e della morte del tiranno è alla base del Newroz, la festività iranica che per i curdi è divenuta un simbolo di libertà.
Le truppe dell’IS sono alle porte di Kobane. A Kobane, uno dei tre cantoni in cui è diviso il Rojava, la parte del Kurdistan che si trova in territorio siriano, si sono concentrati gli sforzi militari delle milizie di autodifesta popolare che si oppongono all’espansione dell’IS sin dal 2012.
Le frontiere con la Turchia sono serrate dal governo turco, che impedisce ai miliziani del PKK di entrare in Siria, e ai profughi dal Rojava di trovare scampo alla guerra. Parimenti Erdogan impedisce il passaggio a chi vuole tornare in Rojava per riprendere la lotta.
In numerosi punti la frontiera è stata forzata, anche grazie alla solidarietà dell’opposizione sociale e politica turca come gli anarchici del DAF.
Kobane è uno dei tre cantoni del Rojava (Kurdistan occidentale e settentrionale). Nel novembre 2013 la regione ha dichiarato la propria autonomia varando una costituzione democratica che prevede la partecipazione di tutti i gruppi etnici e religiosi.
I curdi siriani del KNK – un partito vicino alle posizioni del PKK turco – hanno provato a costruire un percorso di autonomia e autodifesa dei villaggi nel segno del federalismo transnazionale ed internazionalista. Il prezzo è stato durissimo, perché sono stati sotto l’attacco sia del regime baathista sia delle diverse componenti islamiste, foraggiate da Arabia Saudita, Quatar e Turchia.
Nel Kurdistan siriano la rivolta popolare contro il regime ha aperto la strada ad un rapido cambiamento della situazione. La guerra civile in la Siria è stata per buona parte delle popolazioni del Rojava occasione di una sperimentazione di autonomia, ispirata al municipalismo libertario, con assemblee che garantiscono la partecipazione popolare.
Le “assemblee popolari” in varie città e le “case del popolo” in ogni distretto (in cui sono presenti anche minoranze armene, cecene, arabe, caldee, turcomanne) mirano a rinforzare percorsi di libertà femminile che spesso si scontrano con una cultura misogina. Nelle strutture di base e nelle milizie le donne hanno un ruolo che comincia ad emanciparle dal patriarcato.
Le milizie del Rojava non difendono solo un territorio e le persone che ci vivono ma una sperimentazione politica e sociale.
La creazione di strutture di autogoverno nel Rojava rappresenta un’alternativa per l’intero Medio Oriente, un modo per sorpassare le strutture nazionaliste, religiose, fondamentaliste, patriarcali e capitaliste.
Il Rojava è una spina nel fianco non solo per gruppi come Al Qaeda, Jubaht al Nusra e lo Stato Islamico, ma anche altre forze regionali e internazionali. Numerose notizie confermano che la Turchia invia su rotaia equipaggiamenti militari all’ISIS attraverso il confine con la Siria.
Non è la prima volta che la Turchia appoggia l’ISIS contro il Rojava. Il sostegno del governo turco guidato dall’AKP, che ha progressivamente aumentato la presenza militare sul confine con Kobane, è alla luce del sole.
La Turchia, che pure fa parte della NATO, nonostante la giravolta di Stati Uniti, Gran Bretagna e Arabia Saudita, continua a sostenere l’IS. Sui quotidiani main stream come La Stampa filtra la notizia che i bombardamenti statunitensi e britannici contro l’IS non abbiano toccato la regione di Kobane, dove le milizie popolari stanno combattendo una durissima battaglia per la sopravvivenza.
Più che legittimo è il dubbio, che per i miliziani del Rojava è più di una certezza, che Stati Uniti, Gran Bretagna e Turchia stiano lasciando fare l’IS, per togliere di mezzo l’unica alternativa laica, femminista, internazionalista, anticapitalista nella regione.
Il mastino Al Baghdadi continua, nonostante tutto, a fare comodo.
Vogliamo provare a raccontarvi una storia che emerge solo a sprazzi sui principali media.
Ne abbiamo parlato con Daniele Pepino, un compagno che conosce bene il percorso di libertà del Rojava.
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