Il riaggiustamento: lo strumento per capire la transizione cinese

Scritto dasu 2 Settembre 2015

Per orientarci ci siamo rivolti a Gabriele Battaglia, redattore di China Files: ecco cosa ne è scaturito.

La Cina dalla fine del 2012, collocando le riforme intorno al IV Plenum del Comitato Centrale del Partito, si va trasformando da fabbrica del mondo a paese più equilibrato con un mercato interno di prodotti anche tecnologici, con la conseguenza di salari cresciuti e un minore sviluppo demografico; di qui nascono le difficoltà a mantenere i livelli di crescita, perciò sono indispensabili le intrusioni nel mercato di beni più sofisticati tecnologicamente e quindi ci si trova di fronte a una sorta di riaggiustamento delle modalità produttive, quasi come se il sistema Cina fosse un elefante in un negozio di porcellane, in cui deve andare a collocare sia i sommovimenti dei mercati, sia il presunto nazionalismo che deve fare da collante e di cui la parata del 3 settembre per il settantesimo anniversario della vittoria contro il Giappone è l’espressione più visibile per l’Occidente che arriva a farsi beffe di quei parametri, forse senza capire il contesto.

Parametri che devono rimanere validi per accostarsi anche agli equilibri interni tra Xi Jinping e la vecchia nomenklatura, per esempio legata all’ottantanovenne Jiang Zemin, ma contemporaneamente il presidente si trova a contenere il responsabile della finanza Li Keqiang, a cui sarebbe facile attribuire i rovesci di borsa di questi giorni, mentre il problema forse è nei mercati internazionali e una contrazione delle borse cinesi a seguito del boom di poco tempo fa, ricostruibile con il fatto che l’invito a investire in azioni era stato seguito da una massa contabilizzabile in 80-100 milioni di persone che prima investivano sul mattone e quando è venuto l’invito ad abbandonare il mercato immobiliare per gettarsi sulla borsa, hanno seguito le indicazioni, contando sul fatto che non è mai successo che lo Stato non soccorra gli investitori, e dunque se molti investono in un senso è la massa di investitori che fa la differenza e condiziona lo Stato a intervenire per agevolare quell’investimento (magari impaurito dalle possibili sommosse)… finora. Invece adesso sembra che non si intenda intervenire a sgonfiare la bolla, creata dal fatto che l’invito a giocare in borsa ha prodotto delle speculazioni su titoli spazzatura proprio a seguito della copertura statale, che non ha intenzione di intervenire a soccorrere eventuali ditte in difficoltà, ma nemmeno intende intervenire su chi torna a investire in massa sui titoli immobiliari, contando sullo stesso principio di egida statale, che ora è orientato a non intervenire con fondi governativi che rastrellavano titoli in difficoltà.

Ma ci sono ancora alcuni aspetti di questa Cina degli ultimi mesi: uno si lega alle esplosioni di magazzini che producono decine di morti e devastazioni e che se non si possono far risalire a manifestazioni millenaristiche, lasciano comunque interdetti per la frequenza: il 12 agosto Tianjing, ieri Shandong pongono delle problematiche sul controllo delle sostanze chimiche pericolose stoccate in Cina, ma forse è il segno che si è giunti a un limite di modello di sviluppo, quello energivoro e corruttivo, che si deve riaggiustare.

E si deve riaggiustare per forza perché si arriva a scontri e rivolte tantissime: rivolte contadine premoderne, lotte operaie moderne, rifiuti di fabbriche nocive vicino a casa da parte di ceti più illuminati e benestanti e addirittura rivolte campanilistiche per ottenere la Grande Opera nel proprio comune anziché nel municipio limitrofo: tutto questo ventaglio si dovrà per forza ricomporre attraverso il metodo sperimentale… ma sentiamolo espresso meglio dalle parole di Gabriele Battaglia:

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