Un mondo in bilico. Su milioni di barili

Scritto dasu 21 Gennaio 2016

L’Arabia Saudita negli ultimi mesi ha seccamente ridotto il prezzo del barile – i cui costi estrattivi nella penisola arabica sono sensibilmente inferiori sia a quelli statunitensi sia al Brent del mare del nord – come mossa strategica di pressione sugli Stati Uniti, sempre meno vicini ai propri alleati storici nel’area. La recente riapertura del mercato iraniano – dopo lo sdoganamento statunitense – potrebbe far crollare ulteriormente il prezzo del greggio.
Nel calderone la guerra dell’Arabia Saudita contro gli sciiti in Yemen, la pacificazione del Bahrein, e le tensioni crescenti con la minoranza sciita interna, che è il 40% della popolazione del regno e vive nelle zone più ricche di giacimenti.

Il controllo della risorsa energetica chiave degli ultimi decenni si inserisce in un quadro geopolitico in cui si moltiplicano i conflitti e si ridisegna a fatica una mappa stabile in un contesto di alleanze a geografia variabile.

Nella prima settimana di gennaio: a due terminali petroliferi del Texas si assiste a un fatto straordinario. Dopo quaranta anni di bando delle esportazioni di greggio prodotto negli Stati Uniti, due spedizioni di Light Tight Oil (Lto), estratto da formazioni di rocce scistose con la tecnica non convenzionale del fracking, partono dal Golfo del Messico verso destinazioni esterne al mercato americano.

Si tratta di un evento che ha un valore soprattutto simbolico, la cui valenza si gioca sul piano della sfida politica, perché le due partite sono state vendute a prezzi stracciati.

Ne abbiamo discusso con Francesco.

Ascolta la diretta:

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