Burundi al centro di jeu au massacre continentali
Scritto dainfosu 12 Febbraio 2016
Mentre continua lo stallo internazionale attorno al Burundi nel paese la situazione è peggiore che mai: le violenze quotidiane che si registrano su tutto il territorio fanno il paio con una situazione economica generale che apparirebbe decisamente drammatica. In base ai dati economici diffusi martedì (9 febbraio) dal Ministero delle Finanze di Bujumbura l’economia burundese è entrata in recessione nel secondo trimestre dello scorso anno; le violenze, esplose in aprile, hanno poi innescato un crollo delle entrate fiscali del 24 per cento e la progressiva e fortissima militarizzazione del paese hanno letteralmente svuotato le casse dello Stato, già depredate dalla cleptocrazia al potere nel corso degli anni. Ma forse la situazione economica non è così disastrosa come viene dipinta, perché è utile al potere far credere alle difficoltà, visti gli aiuti piovuti dall’Angola di Dos Santos che fornisce finanziamenti e sostegno militare, dalla Guinea Equatoriale di Obiang con imponenti aiuti economici, la Repubblica Democratica del Congo di Kabila ha inviato truppe Mai Mai in sostegno dell’esercito burundese. Europa e Usa coprono il 35 per cento del budget annuale burundese.
Ogni giorno in Burundi circa un centinaio di giovani, soprattutto tutsi, viene ucciso e il numero di vittime aumenta continuamente (in febbraio almeno 25 morti a Bujumbura e 50 desaparecidos): poliziotti e Imbonerakure attaccano quotidianamente i quartieri popolari, stuprano le donne, arrestano i giovani e massacrano i tutsi senza tuttavia disdegnare colpi di machete e violenze sulla popolazione hutu considerata “traditore”. Un rapporto confidenziale dei primi di febbraio redatto da alcuni esperti delle Nazioni Unite accusa il Ruanda di avere reclutato e addestrato militarmente milizie tutsi burundesi con l’obiettivo di rovesciare il regime di Nkurunziza: secondo alcuni Kagame intenderebbe innescare violenze interetniche in Burundi per riportare al potere Buyoya, ma per altri, come la nostra interlocutrice, la chiave di lettura dell’odio etnico è riduttiva o forse un paravento; innalzare la tensione nella zona dei Grandi Laghi, in particolare attaccando il Ruanda, rientra nella strategia genocida del regime, e in particolare di chi realmente in questo momento controlla le decisioni politiche e militari in un Burundi (esploso la scorsa primavera quando Nkurunziza ha voluto cambiare la costituzione perché gli fosse consentito un terzo mandato da presidente): le milizie hutu ruandesi FDLR, fuggite dopo il genocidio dal Ruanda e rifugiatesi tra Congo, Burundi e Francia (dove ha sede il comando generale). Quella Francafrique che ha bloccato la missione Onu prevista nel paese giusto mercoledì scorso e che vede nella regione dei Grandi Laghi un palcoscenico per inscenare le molte tensioni che attraversano anche il nord Kivu. E ovviamente tutto per controllare le risorse del territorio… ma c’è molto altro ancora che entra nel calderone, a comincaire dall’appoggio del Sudafrica di Zuma e dei suoi predecessori filobantu, o il coinvolgimento della Tanzania e le manovre per impedire la creazione dell’Unione Africana… e per questo abbiamo sentito Marta, ricercatrice presso il dipartimiento di Antropologia dell’Università di Torino che ha soggiornato a lungo in Burundi e in Rwanda negli ultimi mesi: