La ripresa delle supercazzole

Scritto dasu 2 Marzo 2016

Ad ogni diffusione di dati ISTAT sulla situazione dell’economia italiana si avvia puntuale e inesorabile la macchina della propaganda governativa che dipinge con colori pastello un paese che ha ormai raggiunto la luce in fondo al tunnel. Dati decontestualizzati ed estrapolati a uso e consumo di un marketing preconfezionato su un’Italia che ce la sta facendo.
Ed ecco quindi che una crescita dello 0,8% viene trionfalmente descritta come “superiore alle aspettative” tralasciando il fatto che si tratta di una ripresa congiunturale dell’economia europea in cui la performance italiana brilla sì, ma come fanalino di coda.
Su Facebook i dati sull’occupazione sono agitati da Matteo Renzi come una vittoria incontestabile del jobs act: “qualcosa come 764’000 contratti a tempo indeterminato in più!”, dice il premier, con tanto di punto esclamativo. Enfasi ripresa e accentuata in coro da tutti i giornali che evitano d’interrogarsi su cosa si nasconde dietro quelle cifre.
Basta scorporarle per constatare che l’aumento effettivo degli occupati è concentrato nella fasce di over 50 la cui proporzione sul mercato del lavoro è aumentata “grazie” alla riforma delle pensioni che ha allungato la vita attiva dei lavoratori.
Una ripresa dell’occupazione molto lieve (o addirittura un calo!) tra la popolazione più giovane, comunque ottenuta regalando vagonate di soldi ai padroni.
L’ossessione della crescita e del lavoro maschera infatti le linee di classe che dividono la società nonché le scelte politiche dei nostri governanti sull’utilizzo delle risorse pubbliche. La politica “distributiva” del governo Renzi si muove dal basso verso l’alto, con sgravi fiscali agli imprenditori, a cui si aggiunge qualche mancetta elettorale (gli 80 euro) di scarsa incisività strutturale.

Abbiamo commentato i dati con Marta Fana, dottoranda in economia all’Università di Parigi

martafana

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