Un supercafone all’attacco del GOP
Scritto dainfosu 2 Marzo 2016
Il supercafone Donald Trump ha forse definitivamente incornato il partito repubblicano. Il glorioso Grand Old Party non ha resistito all’improbabile verve comica, al limite del buffonesco, di questo attempato miliardario dalla capigliatura impossibile. Già, sembrava proprio una macchietta, un elemento di folclore permettere un po’ di sale alle cose serie della politica che poi sarebbero andate avanti ad occuparsi di sé stesse senza di lui. Invece i conti non erano stati fatti a dovere. E di comico resta solo il fatto che il candidato che tutti consideravano improbabile è l’unico ad avere un preciso blocco sociale di riferimento. Il ceto medio bianco impoverito o che va rapidamente impoverendosi. Un ceto medio che sogna gli anni ottanta. L’arricchimento e il consumismo. Senza il Vietnam però. Senza le missioni militari nelle quali muoiono poi i nostri “bravi ragazzi”. Certo molte analisi delle settimane scorse avevano più un carattere performativo, un indirizzo al voto potremmo dire, perché è difficile credere che tutti avessero sottovalutato un uomo tanto abile nella comunicazione e tanto amato quanto odiato. I paragoni con Berlusconi si sprecano e fino a un certo punto reggono anche bene. Trump per molta sinistra resta un’enigma e l’impressione è che si tratti, mutatis mutandis, della stessa sinistra perbenista che ancora si interroga sul fenomeno Berlusconi. Forse la differenza vera è che se a Berlusconi restavano molte cartucce da sparare, fino a poco prima della destituzione, quando si è reso evidente che l’establishment finanziario globale non avrebbe accettato più deviazionismi di sorta, Trump è un cavallo zoppo già alla partenza, avendo a disposizione un bagaglio di armi spuntate dalla Federal Reserve e dall’incasinamento sistemico mediorientale.
Abbiamo affrontato questi argomenti e altri con Paolo Mossetti, blogger e giornalista residente a New York