Donne migranti e intersezioni violente

Scritto dasu 21 Dicembre 2016

ciepontegaleriaL’arrivo sulle coste europee di migliaia di migranti viene spesso ridotto sui media a un freddo elenco di numeri, relativi all’ultimo sbarco o alla conta delle vittime dei continui naufragi (solo nel 2016 sono state, ad oggi, più di 3600 le persone che hanno perso la vita in mare).

 

Dietro questa narrazione diretta ad anestetizzare al fenomeno o, peggio, a creare e costruire retoriche emergenziali ad hoc, a sparire sono le storie delle persone migranti e, in particolare, quelle delle donne. Queste, infatti, si ritrovano a subire una doppia discriminazione, in quanto donne e in quanto migranti: gli abusi e le violenze iniziano durante il viaggio e proseguono poi nei paesi di arrivo, soprattutto all’interno di strutture di detenzione come i Cie.

 

Francesca Esposito, ricercatrice, ha realizzato un lavoro di ricerca tra il Cie di Ponte Galeria (Roma) e il centro di detenzione per migranti di Porto (Portogallo), con l’obiettivo di far emergere la natura razzializzata e genderizzata delle esperienze di queste donne e, in particolare, della violenza a cui sono esposte, rifuggendo però la categoria di “vittime passive” spesso adottata nel discorso politico-mediatico ma indagando al contempo le strategie di lotta e resistenza che le donne migranti adottano.

 

Abbiamo raggiunto Francesca Esposito ai nostri microfoni per commentare il suo lavoro a partire dall’articolo “Donne migranti, voci dal Cie” pubblicato nei giorni scorsi su InGenere:

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