Tra Italia e Germania: uno sguardo alla ristrutturazione del Welfare

Scritto dasu 9 Novembre 2017

Coloro che vengono espulsi dal mondo del lavoro o coloro che da tempo non riescono a rientrarci sono, in maniera sempre più sistematica, sottoposti a meccanismi coercitivi di rimessa a valore che gli Stati hanno affinato riforma dopo riforma. Dalla Germania all’Italia la ristrutturazione del Welfare si muove in una direzione “dispotica” atta a plasmare una massa di disoccupati più o meno formata ma sopratutto costretta ad accettare qualsiasi tipo di mansione a qualsiasi tipo di condizione, pena la perdita degli aiuti di sostegno al reddito.

Gli elementi in comune tra il modello italiano e quello tedesco sono la filosofia coercitiva che tende a penalizzare i poveri e i disoccupati e l’orizzonte del “lavoro coatto”, obbligato, un lavoro magari a 1 euro l’ora, con la minaccia di togliere parzialmente o totalmente gli eventuali sussidi.

Tra i soggetti che si propongono di gestire, “affiancare”, plasmare queste persone, disoccupati e appartenenti alle fasce povere della popolazione troviamo in Italia l’Alleanza contro la povertà, di ispirazione cattolica, oltre che le tre grandi sigle del sindacalismo nazionale Cgil, Cisl, Uil. In Germania invece ancora lo Stato mantiene il controllo diretto del sistema di erogazione di servizi di sostegno al reddito attraverso l’attività del Job Center.

Il parallelo tra Italia e Germania è anche possibile per quanto riguarda il racconto pubblico e mediatico che si fa del povero: additato come incapace a tenersi un lavoro, percepito come peso che grava sull’intera società e infine messo al muro: o il lavoro forzato o la galera. In questo modo si legittimano le politiche di Workfare che costringono al sacrificio, allo sfruttamento all’umiliazione.

A conti fatti la necessità di capire meglio i ristrutturati meccanismi welfaristici che si vanno imponendo deve andare di pari passo con la necessità di combatterli dato che il futuro che ci si prospetta davanti si fa sempre più infernale.

Ne abbiamo parlato con Sergio Cararo di Contropiano:

 

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Cararo

 

 

 

 

Sergio Cararo di Contropiano


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