Riempire il vuoto di reazioni all’ignoranza razzista: si comincia dall’alfabeto

Scritto dasu 22 Febbraio 2019

Si sentiva il bisogno di una prima vox che rompesse il silenzio assordante di una società attonita che ha scoperto quanto si sia allargata la platea della zona grigia e quanto sia stata sdoganata quella ancora più stolida, deprivata di mezzi per capire quanto il loro consenso alle politiche sovraniste e ferocemente razziste siano ingiuste e nocive a loro stessi. E proprio per l’ambito e il bisogno urgente di Istruzione che spazzi via la becera persecuzione di migranti quell’urlo di dolore non poteva che provenire dall’interno dei Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti, perché – come sentirete nell’audio – il rapporto e la conoscenza delle necessità di formazione degli utenti di questi Centri sono così evidenti e ovvi per gli operatori, quegli insegnanti di queste particolari scuole, che di fronte alle conseguenze di decreti come quello voluto dal ministro degli Interni e divenuto legge il 5 dicembre 2018 non possono che gridare vendetta e lo fanno rivendicando che “Tutta l’educazione è politica”, come scriveva Paulo Freire (ora non a caso proibito nelle scuole sovraniste di Bolsonaro). E lo fanno a modo loro: illustrando le nuove difficoltà e le trappole innescate dalla Legge 113/2018, l’ulteriore stretta alle libertà di tutti e in particolare le vessazioni a cui sono sottoposti i migranti che sono passati tutti dai Cpia; un Decreto persino peggiorativo della situazione che ogni governo ha reso vieppiù intollerabile negli ultimi 25 anni, mettendoci del suo per angariare profughi e richiedenti asilo.

Il documento che ci illustra Paola, un’insegnante tra i primi 24 firmatari dell’appello (tutti dei Cpia torinesi), è una protesta puntuale e circostanziata; un richiamo ai principi cardine degli articoli più libertari della Carta Costituzionale calpestata dal Decreto Sicurezza; una rivendicazione di un lavoro essenziale e indispensabile; una stigmatizzazione del vulnus contro il diritto e l’accoglienza, dimostrando con le cifre che non esiste alcuna emergenza; un richiamo all’origine dei Cpia come luogo di autonomia e emancipazione delle persone… e questo si percepisce nelle parole di Ousmane a cui Paola ha passato il microfono perché presentasse il suo lavoro: un successo, che in un anno soltanto lo ha condotto a padroneggiare la lingua, a leggere e scrivere; ad aiutare addirittura in classe assistendo chi è arrivato dopo di lui e funge da mediatore.

Se ne sentiva a tal punto bisogno che in due settimane hanno firmato il documento più di tremila persone, le più disparate come professione, età, provenienza… forse un barlume di rinnovata coscienza sociale può cominciare a muoversi al di là di ogni indignazione; si prevedono iniziative nella prima metà di marzo, la pacchia è finita per i rozzi trogloditi che hanno imperversato anche troppo.

Scuole e porti aperte all’umanità


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