Spontaneità e manovre mediorientali: a Beirut è un po’ vero tutto

Scritto dasu 1 Novembre 2019

Indubbiamente le condizioni di vita in Libano (e ancor più in Iraq) sono particolarmente difficili per il costo della vita, per la lotta tra poveri, per la quantità davvero numerosa di profughi siriani che si aggiungono a quelli annosi palestinesi… e probabilmente anche le strategie orchestrate da potenze straniere sono in gioco nella mobilitazione di piazza che dura ininterrottamente da due settimane a Beirut e ha causato 300 morti in Iraq. Però in questa lettura superficiale è opportuno discernere meglio quanto i due movimenti sono davvero assimilabili e quanto invece le istanze differiscono; come possono interagire tanto disparate provenienze confessionali, politiche, sociali; quanto incombono dall’esterno le manovre che producono così tanti conflitti riconducibili a un’unica guerra annosa tra potenze locali e influenze globali e quanto le proteste si contrappongono al controllo esterno oltre a quelle mosse contro lo stato e contro tutti i protagonisti, di cui si chiedono tout-court le dimissioni in blocco?

Abbiamo provato a chiedere lumi a Michele Giorgio che ha tracciato un’analisi lineare – per quel che è consentito in Medioriente– tra povertà, intese tra le fazioni in piazza e fuori, stalli politici, carovita e corruzione, situazione geopolitica e imposizioni del Fmi…

bisogna considerare ogni fattore_dirompenti dall’interno o frutto di geostrategie


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