Nulla scardina il potere algerino radicato in profondità

Scritto dasu 19 Dicembre 2019

Tutto il mondo fa affari e si approvvigiona in Algeria, tributando denaro e fornendo armi al regime militare che regge il paese da quando è stata tradita la resistenza anticoloniale; e tutto il mondo tace e nemmeno ricostruisce la vera storia del potere dagli anni Novanta in avanti: un’unica lunga storia di cosche mafiose che hanno derubato, sfruttato e svenduto la nazione costituendo un sistema fatto apposta per perpetuare gli affari dell’oligarchia.

Karim ci raconta che anche gli alti papaveri caduti in disgrazia con la fine di Bouteflika fanno semplicemente parte della fazione perdente che è stata scaricata dal vincente Gaid-Salah, uomo forte, generale-padrone del paese, di cui è un fantoccio Tebboune, il presidente eletto tra strali, insulti, urne gettate dalle finestre dei seggi. L’opposizione invitava all’astensione e anzi alla protesta contro elezioni imposte prima che tutti i corrotti e i compromessi con il regime se ne fossero andati e senza una costituente, negata da Salah.

Ma è indispensabile e importante poter fare riferimento a tutta la storia – risalendo indietro almeno fino a De Gaulle – per poter inquadrare i bisogni, i rituali, le regole, gli affari interni e internazionali, che contribuiscono a ingessare l’intero paese, impedendo persino a un popolo in piazza con grandissimi numeri da 10 mesi di dare il giro a questo stato di cose: Karim Metref è l’analista giusto per poter intrecciare conoscenza degli eventi presenti e retaggio di quelle mosse d’attualità proveniente dal passato prossimo o remoto, come il motivo del bisogno di sovrarmamento, al punto che la spesa algerina per le armi rappresenta il 30 per cento della spesa militare dell’intero continente (e al proposito è di oggi la dichiarazione di Mohammed VI, rivolta al contestato neopresidente: «Algeria parliamoci»… come sempre tra detentori del potere, per poterlo gestire insieme).

Gas, armi: bande mafiose al potere


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